Con qualche ora di ritardo, esplodono le reazioni sdegnate della politica alla decisione dell’ateneo di Torino di non avviare ricerche congiunte con università e aziende israeliane. Ieri mattina, la stessa Giorgia Meloni ha voluto commentare la scelta nelle sue comunicazioni sul Consiglio europeo alla Camera.

La premier sa che sconfessare una decisione di un ateneo è operazione rischiosa: l’autonomia delle università è garantita dalla Costituzione. E in tempi più recenti è stata la destra a rafforzarla, proprio per incentivare ogni ateneo a gestire in modo aziendalistico i rapporti con i soggetti esterni. Ancor più difficile farlo alla vigilia dell’incontro tra governo e rettori in difesa della libertà di espressione, che non può valere solo in un senso.

E allora Meloni si gioca la carta della violenza immaginaria: «Considero preoccupante che il Senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele – ha detto ai deputati – E lo faccia dopo un’occupazione da parte dei collettivi. Se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi».

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PER FORTUNA i video pubblicati in rete dagli studenti stessi mostrano il clima pacifico in cui si è svolta la riunione e gli applausi ai collettivi arrivati da diversi accademici. Peraltro il regolamento dell’ateneo torinese permette a chiunque di assistere alle sedute e prevede anche la partecipazione di persone esterne previo consenso del rettore, il medico Stefano Geuna. Il quale ha persino ringraziato gli studenti dopo la manifestazione. D’altra parte, la mozione contro la collaborazione italo-israeliana è stata votata dal Senato accademico con un solo voto contrario.

Nell’altro Senato, la maggioranza si scatena con dichiarazioni e comunicati uno più duro dell’altro. Inizia di buon mattino il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, aprendo il dibattito con la proposta di una lettera della commissione speciale sull’odio indirizzata all’ateneo. Il collega Gasparri parla di «antisemitismo di ritorno». Il fratello d’Italia Lucio Malan sostiene come la sua capa che «non è stato un voto democratico, non si decide sotto occupazione».

«I collettivi studenteschi hanno ordinato e il senato accademico ha eseguito» anche per la moderata Michaela Biancofiore. Chi però conosce le prerogative degli atenei, come la ministra forzista dell’università Anna Maria Bernini, sa che Torino ha agito in piena legittimità: «È una decisione che non condivido seppur assunta nell’ambito dell’autonomia propria degli atenei». Oggi ne discuterà di persona con gli 85 rettori.

Nell’opposizione si commenta in ordine sparso. C’è chi difende l’università nel merito, come il senatore di Avs Tito Magni («non si può chiudere gli occhi davanti a una mobilitazione del paese di fronte a quanto sta accadendo a Gaza») e chi nel metodo: «Decisione opinabile, che può piacere o non piacere – dice la dem Simona Malpezzi – ma che è stata presa da un’università nella sua autonomia».

MA NON MANCANO le voci critiche, talvolta più veementi di quelle della destra. Per Giuseppe Conte è un errore «capitale» perché «le università e la ricerca scientifica non possano mischiarsi alle politiche governative». Ma il M5S in passato ha appoggiato localmente le campagne di boicottaggio anti-israeliano.

Anche il Pd è spaccato: sui social il torinesissimo Piero Fassino critica l’ateneo e rievoca il «tempo lugubre nel quale dalle università venivano espulsi professori perché ebrei» con immancabile citazione brechtiana. Italia Viva e Azione allineatissimi con la maggioranza.

Dall’ateneo Geuna prova in extremis a calmare le acque: «La mozione approvata ieri dal Senato accademico si riferisce esclusivamente al bando in questione», quello del ministero degli esteri per il 2024, a cui l’università non trova «opportuno» partecipare «visto il perdurare dello stato di guerra». Ma ribadisce che «tutti gli accordi e le collaborazioni in corso con le università israeliane rimangono attivi, nel pieno rispetto dei principi e dei valori di libertà di pensiero e di ricerca dell’Università di Torino». Ma la bufera è appena iniziata.