L’attacco di Borrell: «Tel Aviv finanziò Hamas per indebolire l’Anp»
Mentre si allarga il conflitto in Medio Oriente, l’Ue inizia a guardare al day after, tracciando un percorso verso una «soluzione ampia e credibile» alla guerra tra Israele e Palestina, che punti a realizzare tre obiettivi principali: creare uno Stato palestinese indipendente, fornire garanzie di sicurezza a Israele, normalizzare le relazioni tra lo Stato ebraico e il mondo arabo. La bozza di piano in dieci punti, elaborata dal capo della diplomazia europea, Josep Borrell, verrà discussa alla riunione dei ministri degli Esteri dei 27 in programma lunedì a Bruxelles che vedrà anche la partecipazione, in incontri separati, dei ministri degli Esteri di Israele, Israel Katz, e dell’Autorità nazionale palestinese, Riyad al-Maliki, oltre che dei rappresentanti di Arabia Saudita, Egitto, Giordania e Lega Araba.
E proprio alla vigilia dell’incontro Borrell sferra un attacco senza mezzi termini contro il governo israeliano che, accusa l’alto rappresentante, avrebbe finanziato Hamas «nel tentativo di indebolire l’Autorità Palestinese». «L’unica soluzione è creare due Stati che condividano la terra per la quale stanno morendo da 100 anni» ha spiegato ancora il capo della diplomazia europea durante la cerimonia all’Università di Valladolid che gli ha conferito la laurea honoris causa, evocando la necessità che la soluzione «sia imposta dall’esterno». Posizioni queste trasposte nel piano in dieci punti dell’alto rappresentante. Consapevole della difficoltà di portare Israele e Palestina al tavolo dei negoziati, infatti, l’Ue punta a un «forte sostegno internazionale» per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente.
Uno dei punti della roadmap elaborata da Borrell prevede una conferenza preparatoria per la Pace che includa Ue, Stati uniti, Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Lega araba e Nazioni Unite. Alla conferenza verrebbe affidato il compito di redigere nell’arco di un anno un quadro per un piano di pace da sottoporre alle parti in conflitto – Israele da un lato e Autorità palestinese e Organizzazione per la liberazione della Palestina, dall’altro – come base per i negoziati. Nel piano si sottolinea anche la necessità per i palestinesi di «un’alternativa politica ad Hamas rivitalizzata» e per gli israeliani di «una volontà politica» di impegnarsi nei negoziati verso la soluzione a due Stati. L’indipendenza dello Stato palestinese e le garanzie di sicurezza per Israele dovranno poi essere soggette al pieno riconoscimento reciproco e all’integrazione dei due Stati nella regione.
L’Ue si aspetta «una piena discussione con tutti i partecipanti per valutare le rispettive posizioni» e «lavorare a una metodologia» per realizzare gli obiettivi fissati nel piano, spiega un alto funzionario europeo alla vigilia dell’incontro. «Si tratta di fermare il ciclo di violenze e dare un orizzonte politico» per risolvere la crisi israelo-palestinese e assicurare così la stabilità nel quadrante mediorientale, si osserva da Bruxelles.
La strada però è tutta in salita. Prima ancora che vincere le resistenze di Israele, contrario – a detta del premier Benjamin Netanyahu – a una soluzione a due Stati, l’Ue dovrà superare le divisioni interne che da mesi le impediscono di trovare una posizione comune davanti a un conflitto che rischia ora di incendiare la regione. «L’Ue è divisa sulla risposta da dare alla crisi di Gaza ed è una divisione che deve essere risolta in famiglia – spiegano fonti europee – non siamo gli Usa che possono inviare due portaerei nell’area».
Una spaccatura peraltro certificata nelle diverse risoluzioni votate dall’Assemblea delle Nazioni Unite sulla guerra a Gaza. E sebbene stia crescendo il fronte dei Paesi favorevoli alla richiesta di una tregua immediata, la Germania è ancora dell’idea che Israele abbia diritto all’autodifesa, bloccando di fatto passi avanti sulla questione. Una posizione, quella di Berlino, che sembra allontanare quell’orizzonte politico di cui l’Ue è alla disperata ricerca.
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