Quasi 9 ore di interrogatorio ieri per Giovanni Toti, agli arresti domiciliari dal 7 maggio con l’accusa di corruzione. Toti si è presentato col suo legale Stefano Savi negli uffici del Reparto operativo navale della Guardia di Finanza a Genova per essere sentito dai pm Luca Monteverde e Federico Manotti e dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati: 180 le domande dei magistrati. Toti ha respinto tutte le accuse e ha consegnato ai pm una articolata memoria di 17 pagine, che è stata pubblicata on line dal sito dell’emittente genovese Telenord prima che il governatore uscisse dall’interrogatorio. Una dinamica che non è piaciuta alla procura: «Mai visto prima», il commento a caldo.

NELLA MEMORIA TOTI ricostruisce la sua azione di governo negando qualsiasi comportamento illegale, anche in riferimento ai finanziamenti elettorali che gli sono arrivati da gruppi come quello di Aldo Spinelli, che, secondo l’accusa, lui avrebbe favorito in cambio di quel denaro, in particolare rispetto al rinnovo trentennale della concessione per il terminal Rinfuse. «È da una visione di ampio respiro, che abbracci tutto l’arco della mia presidenza, che si può apprezzare la nostra visione politica e comprendere appieno come tutte le mie azioni (anche quelle contestate) siano state ispirate, certamente dalla giusta attenzione verso le imprese operanti sul territorio, ma nell’unica prospettiva della tutela dell’interesse collettivo e del suo progresso», scrive il governatore. «L’attenzione e l’impegno da me profuso nelle politiche di ascolto e di lecita agevolazione degli investimenti privati è stato totalmente scollegato da ogni contributo ricevuto. Il fatto di essere contributore o politicamente vicino non ha mai rappresentato un titolo per ricevere favori o trattamenti preferenziali».

IN MERITO AI FINANZIAMENTI ricevuti, spiega, «ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica: nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati». E ancora: «Ogni dazione di denaro è stata accreditata con metodi tracciabili e rendicontata». C’è però il caso dei 55 mila euro transitati, nel 2022, dalle casse del Comitato lista Toti a un suo conto corrente personale. «Sono stati utilizzati per pagare un risarcimento alla senatrice Raffella Paita (Iv) per una querela», spiega l’avvocato Savi.

QUANTO AL PORTO, scrive Toti, «si evince che il mio intervento non inerì gli atti stessi e la loro qualità, ma fu una semplice opera di mediazione e sollecitazione alla realizzazione di un interesse squisitamente pubblico». «Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti, mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto». Toti ammette di aver cercato di evitare contenziosi tra diversi operatori del porto di Genova, di aver «caldeggiato un accordo il più possibile equo tra le parti in causa, al fine di evitare grave danno agli interessi della città». Talvolta anche con azioni «in contrasto con gli interessi di Spinelli». Quanto alle cene di finanziamento da 400 euro a testa, dice di aver invitato anche esponenti della stampa, a dimostrazione del fatto che non ci fosse nulla da nascondere. Sostiene anche di non aver lasciato il cellulare fuori dalla barca di Spinelli, «perché volevo sempre essere reperibile». Quanto al presunto voto di scambio con la comunità riesina del quartiere Certosa, Toti sostiene che 400 voti su 380mila ricevuti: un «apporto che non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto». Nella memoria non sembra essere entrato nel merito delle telefonate a Spinelli (il figlio alla gip: «Era il governatore a chiamare») alla vigilia delle tornare elettorali.

IL TONO DELLA DIFESA lascia pensare a una sua volontà di non dimettersi. Ora, dopo l’interrogatorio, Toti può chiedere la revoca o l’attenuazione dei domiciliari. Nel caso la richiesta fosse respinta, potrebbe rivolgersi al tribunale del Riesame. Se il governatore dovesse restare ancora ai domiciliari, le elezioni in autunno diventerebbero una prospettiva concreta. Le opposizioni premono per le dimissioni, Fdi e Fi stanno già ragionando sui nomi da schierare (Stefano Balleari per Meloni e Carlo Bagnasco per i forzisti). Il presidente ad interim, il leghista Alessandro Piana, pensa a redistribuire le deleghe tra gli assessori. Per capire se il governatore tornerà in libertà occorrerà aspettare una settimana. Ma il dopo-Toti è iniziato.