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L’America ha la sua prima ministra nativa

L’America ha la sua prima ministra nativaDeb Haaland giura come nuova "secretary of the interior" dell'amministrazione Biden – Ap

Un'altra storia Deb Haaland nominata all’"Interior": avrà giurisdizione sulle terre federali, quindi anche sulle popolazioni a cui quelle stesse terre sono state sottratte. La festa della Nazione Indiana. Sarà determinante anche su molte controversie ambientali, segnando una netta inversione di rotta rispetto all’amministrazione Trump su infrastrutture e tutele naturalistiche. Ma già deve difendersi dai senatori repubblicani che hanno condotto una campagna contro di lei definendola una «estremista del Green New Deal»

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 17 marzo 2021
Luca CeladaLOS ANGELES

La nomina di Deb Haaland a secretary of the interior è stata ratificata dal Senato Usa con un voto di 51-40. La parlamentare del New Mexico sarà la prima ministra nativa, appartenente alla tribù Pueblo con terre ancestrali nei pressi di Albuquerque – la prima volta in un governo americano. Per citare l’articolo di prima del Navajo Times, organo della nazione Diné: «Quando si è diffusa la notizia, verso le 16:30, Indian Country è esploso in celebrazione». E non per niente.

Come ha detto al Washington Post Holly Cook Macarro, amminIstratrice dell’American Indian Graduate Center, «ora sulle questioni tribali possiamo avere fiducia di avere non solo una voce “amica”, ma una voce che è nostra». «Mi sono commossa – ha aggiunto Crystal EchoHawk, direttrice di IllumiNative, un’organizzazione che si batte contro gli stereotipi sui Nativi Americani -. Ora i nostri figli sapranno che tutto è possibile. Sui telegiornali potranno vedere finalmente qualcuno che ci assomiglia».

L’EMOZIONE DIFFUSA nell’arcipelago di riserve che compongono la Nazione Indiana è più che giustificata. Nell’ ordinamento americano la posizione di secretary of the interior non corrisponde a quella di ministro dell’Interno (non ha ad esempio delega su sicurezza e immigrazione) ma designa il dicastero preposto alla gestione delle terre federali corrispondenti a circa un quinto del territorio nazionale.

Il ministero ha quindi giurisdizione, attraverso il Bureau of Indian affairs, anche sulle popolazioni a cui quelle terre sono state sottratte. E Haaland, la cui nomina da parte di Biden è stata ratificata lunedì dal Congresso, diventa ora la prima nativa americana a ricoprire la carica.

Jonathan Nez, presidente della nazione Navajo ha commentato: «Questa è una giornata monumentale, senza precedenti per le Prime Genti di questo paese. Le parole non bastano ad esprimere l’orgoglio e la gioia nel vedere una dei nostri insediata in una carica di questa importanza».

L’”INTERIOR” È MOLTO PIÙ di quella che potrebbe sembrare una semplice burocrazia demaniale. Il BIA ad esempio, istituito nel pieno delle “guerre indiane”, è stato storicamente l’organo per amministrare le riserve e le popolazioni native sottomesse e la lunga scia di ingiustizie travestite da sussidi federali a cui sono state sottoposte.

Il ministero amministra inoltre territori protetti e parchi nazionali, tutela fauna e flora a rischio e rilascia le licenze minerarie e petrolifere per i territori federali e offshore, lo sfruttamento commerciale cioè delle risorse, molte delle quali si trovano proprio su territori protetti e riserve.

QUESTA GIURISDIZIONE pone il dicastero di Haaland in una posizione determinante su molte controversie ambientali e gli è valsa la feroce opposizione dei senatori repubblicani che hanno condotto una campagna contro di lei in quanto «estremista del Green New Deal».

Haaland ha invece avuto il sostegno del presidente che in uno dei suoi primi decreti presidenziali ha sospeso la costruzione dell’oleodotto Keystone che collegherebbe i giacimenti canadesi alle raffinerie texane. Un’altra conduttura simile in via di costruzione, la Dakota Access, attraversa terre Sioux ed è stata oggetto delle durissime lotte a Standing Rock da parte di quella tribù che hanno per ora ottenuto la sospensione dei lavori.

 

Scontri tra forze di sicurezza e manifestanti presso il sito interessato dalla pipeline Dakota Access, nel novembre 2016 (Ap)

 

UN “INTERIOR” a direzione Haaland depone bene per la definitiva rottamazione di queste grandi opere di infrastruttura petrolifera. In ogni caso si tratta di una netta inversione di rotta rispetto all’amministrazione Trump che aveva appaltato gli enti regolatori direttamente alle grandi lobby degli idrocarburi.

Il Department of the Interior è stato da sempre il dicastero che più direttamente esprime alcune tematiche fondanti della nazione legate alla conquista continentale e le storiche ingiustizie connesse, quello forse più direttamente collegato ad alcuni contenziosi originari. Non a caso i ministri che hanno ricoperto questa carica si sono spesso trovati al centro di polemiche politiche.

SOTTO REAGAN, AD ESEMPIO, il ministro James Watt era stato punta di diamante della sistematica decostruzione delle protezioni ambientali istituite nei decenni precedenti, promossa dall’onda reazionaria e “confindustriale”.

Un’opera che Trump ha tentato di completare assegnando la carica a Ryan Zinke, ex navy seal, speculatore e petroliere che ha aperto l’accesso a cacciatori e trivelle, decurtando parchi nazionali come lo Staircase Escalante in Utah, con i suoi insediamenti ancestrali Hopi e per ultima la riserva naturale artica, decretata nuova frontiera dei giacimenti petroliferi che custodisce il suo sottosuolo.

UNA STORIA CHE INGIGANTISCE l’importanza simbolica della nomina di Haaland che per la prima volta porterà al ministero il bagaglio culturale degli “sconfitti” e potrà influire direttamente sul processo di elaborazione e rettifica storica che rimane cruciale e di una necessaria riparazione se l’America vorrà avanzare sulla strada della riconciliazione così bruscamente interrotta dal nazionalismo suprematista di Trump.

È un segnale importante forse per ciò che di meglio promette di poter fare l’amministrazione Biden: saldare temi di giustizia sociale ed economica nell’agenda della riforma ambientale.

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