Con Ivanka in Corea del Sud per partecipare alla cerimonia di chiusura dei giochi invernali, con l’attesa per gli sviluppi del riavvicinamento tra Pyongyang e Seul, ieri Trump ha voluto ribadire la posizione degli Usa, dopo gli ultimi giorni di indiscrezioni su potenziali «aperture» a Kim Jong-un. La Casa bianca ha annunciato nuove sanzioni, «le più pesanti di sempre» secondo il presidente americano.

A ESSERE COLPITE, stando al segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, saranno aziende e navi che si trovano o sono registrate in Corea del Nord, Cina, Singapore, Tanzania e Panama. Con il nuovo giro di vite Trump punterebbe a ostacolare le attività commerciali legate a petrolio e carbone, che la Corea del Nord intende condurre via mare. Non ci sono dubbi che proprio attraverso questi paesi la Corea del Nord ha quasi sempre aggirato le sanzioni imposte dall’Onu.

INNEGABILE dunque un’eventuale utilità di queste sanzioni che, dalla prospettiva di Washington, tengono anche il «punto». Come a dire, siamo disposti a sentire Pyongyang ma da una posizione di forza. La stessa cosa che ha pensato nel tempo Kim Jong-un, tanto con i suoi test missilistici quanto con la stampa. Forse qualcosa era trapelato o i servizi nord coreani hanno fiutato la notizia: fatto sta che proprio ieri, prima dell’annuncio effettuato da Trump, il Rodong Sinmun, l’organo ufficiale del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, ha pubblicato un editoriale tornando a usare i consueti toni trionfalistici e violenti contro gli Stati uniti.

PER IL QUOTIDIANO Pyongyang avrebbe vettori intercontinentali, da lancio sottomarino e bombe all’idrogeno. Tutti i preparativi per un attacco possibile agli Usa sarebbero dunque pronti. «Il desiderio di denuclearizzare il Nord è più stupido di quello del prosciugamento degli oceani». Una ideale risposta, oltre alle sanzioni, è arrivata dunque da Washington: «Il presidente ha detto chiaramente alle aziende di tutto il mondo che se scelgono di aiutare le ambizioni nucleari della Corea del Nord, non faranno affari con gli Stati uniti». NELL’ELENCO DELLE 56 AZIENDE colpite dalle nuove sanzioni, la maggioranza è cinese, mentre pare non rientrino nel «pacchetto» società riconducibili alla Russia. Da Pechino – visto che gli Stati uniti hanno ufficializzato le sanzioni a ora tarda in Cina – le reazioni potrebbero arrivare sicuramente in giornata.

Intanto ieri è stato annunciato il viaggio a Washington di Liu He, membro del Politburo cinese, il secondo dopo Yang Jiechi a recarsi negli Usa nel giro di un mese. Liu He è considerato il braccio destro di Xi Jinping nonché responsabile economico di Pechino. Si parlerà di Corea del Nord e di sicuro della guerra commerciale che – a bassa intensità – è ormai in atto tra i due paesi.