Il «rullo di tamburi» con cui Augusta Montaruli avrebbe voluto accompagnare l’uscita di scena di Nicola Lagioia dalla direzione del Salone del libro di Torino alla fine c’è stato: 215.000 visitatori in 5 giorni, il numero più alto di sempre, quasi 50.000 in più dell’edizione passata. Per Annalena Benini, che guiderà l’impresa dall’anno prossimo, non sarà semplice replicare un risultato del genere, anche se, con ogni probabilità, potrà contare su un governo maggiormente benevolo nei suoi confronti. Già perché l’ultimo atto di Lagioia si è consumato in mezzo alle raffiche di fuoco di FdI – da Meloni in giù – che ha usato ogni pretesto per prendersela con il Salone, a partire dalla (blanda) contestazione di Non una di meno alla ministra Eugenia Roccella, trasformata dal governo e dai suoi strilloni in un attentato alla libertà di espressione.

«RITENIAMO particolarmente grave la manipolazione mediatica e la gestione repressiva delle forze dell’ordine», fanno sapere con una nota le attiviste di Nudm, che per l’acceso confronto con la ministra hanno rimediato 29 denunce per violenza privata. «Basta guardare i video per rendersi conto della modalità dell’iniziativa – proseguono -, è incredibile assistere a un dibattito pubblico nel quale non è concepibile che le persone che subiscono certe politiche siano arrabbiate». Lagioia, nella circostanza, era addirittura intervenuto per cercare una mediazione, salvo poi venire accusato dalla deputata Montaruli di aver fiancheggiato la contestazione. Circostanza non solo falsa, ma di principio anche piuttosto assurda: democrazia, si diceva nel film «Il federale» di Luciano Salce, è poter aprire la porta dell’ufficio del ministro e dirgli che è un cretino.

«Doveva dire di farmi parlare», ha rilanciato ancora Roccella ieri mattina su La7 riferendosi a Lagioia, che, a stretto giro di posta, ha risposto facendo presente di non essere «né il servizio d’ordine del Salone né la polizia» e di ritenersi una persona incline a credere «più al dialogo che al manganello». Poi il colpo più duro, contro Montaruli: «Non è un bell’esempio per i giovani che sul palco con una ministra ci sia una pregiudicata. Augusta Montaruli che dice ‘con tutti i soldi che prendi’ è stata condannata in via definitiva per peculato». Si tratta di 25.000 euro pubblici utilizzati per acquistare abiti di Hermès, cristalli Swarovski, libri erotici, dischi di musica natalizia, sigarette, un rasoio elettrico e altri oggetti che di solito non si usano per fare politica.

NOTEVOLE LA GIRANDOLA di commenti a contorno della vicenda: Luciano Violante ha espresso la sua solidarietà a Roccella, mentre Vittorio Sgarbi si è schierato con Lagioia e i liberali hanno trovato il modo per tirare in mezzo Elly Schlein, accusandola di non essersi stracciata le vesti nel condannare le contestatrici.

NEL POMERIGGIO, durante la tradizionale conferenza stampa di chiusura del Salone, Lagioia ha provato a gettare acqua sul fuoco: «Ci sono state polemiche, non è la prima volta e ce le saremmo risparmiate», ha detto, e a qualcuno sarà tornata in mente l’edizione del 2019, quando a far discutere fu l’esclusione delle edizioni di Casapound, con Christian Raimo che, bersagliato dall’allora sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni, rassegnò le dimissioni da consulente della rassegna torinese. «Tra poche polemiche senza successo e tante polemiche con tanto successo – ha concluso Lagioia – preferisco il successo. Per me è tutto alle spalle». Annalena Benini, nel prendere formalmente il controllo del timone del Salone, ha elogiato la macchina organizzativa e ha detto di non aver paura della sfida che l’attende. Sullo sfondo, però, già nei giorni scorsi si è visto qualche squarcio di quello che potrebbe essere il futuro. Come l’incontro (non satirico) intitolato «La destra e la cultura», in cui Francesco Giubilei, Luca Beatrice, Francesco Borgonovo, Luigi Mascheroni e altri – tutti uomini – hanno passato un’oretta a insultare Zerocalcare e a insinuare che Michela Murgia approfitterebbe della propria malattia «per dire che il governo è fascista».