Internazionale

La vita a sud di Hebron: «Coloni e soldati arrivano di notte e distruggono tutto»

Una scuola demolita a Masafer Yatta foto Ap/Mahmoud IlleanUna scuola demolita a Masafer Yatta – Ap/Mahmoud Illean

Cisgiordania Violenze e soprusi allarmano l’Onu. Mille i palestinesi costretti a fuggire, 160 gli uccisi. Voci da Masafer Yatta, tra le comunità più esposte

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 9 novembre 2023

Sono passati 33 giorni dall’attacco dI Hamas del 7 ottobre, a Gaza le centinaia di bombardamenti giornalieri non smettono e vanno di pari passo al numero di uccisi, per la maggior parte civili inermi, che ha superato la mastodontica cifra di 10mila. Ma nella Cisgiordania occupata le cose non vanno meglio. In 33 giorni sono stati uccisi più di 160 palestinesi e arrestati più di 2mila.

QUI IL MONOPOLIO della violenza non è in mano ai soli militari ma anche, e forse soprattutto, nelle mani dei coloni. Armati, riforniti, vestiti e scortati dall’esercito, a tal punto che la popolazione palestinese non riesce più a distinguerli dai militari, i coloni si muovono come squadracce: minacciano, picchiano, bruciano, distruggono e uccidono.

Venerdì scorso la portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite (Ohchr), Elizabeth Throssell, ha dichiarato: «La situazione nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme est, è allarmante e urgente, in mezzo alle crescenti e molteplici violazioni dei diritti umani dei palestinesi». Throsell ha poi aggiunto che «la violenza dei coloni, che era già a livelli record, è aumentata drammaticamente, con una media di sette attacchi al giorno».

Nel sud della Cisgiordania la maggior parte dei villaggi sono piccoli agglomerati di pastori e coltivatori, e già alcuni di questi sono stati lasciati dalla popolazione che ha deciso di fuggire, spaventata dalle minacce di morte e dagli attacchi sempre più sanguinosi di coloni ed esercito. «Intere comunità sono state costrette ad abbandonare le loro terre a causa di questa violenza», ha detto la portavoce dell’Ohchr. A oggi sono più di mille i palestinesi che hanno abbandonato le proprie case.

AHMED (nome di fantasia) abita in un piccolo villaggio nella zona di Masafer Yatta. Racconta al manifesto che la situazione è diventata insostenibile: «Dormiamo tre ore a notte, facciamo i turni per vedere se arrivano coloni o militari».

Qualche giorno fa i coloni, scortati dai soldati, si sono presentati al villaggio e hanno minacciato gli abitanti. «È arrivato un gruppo di coloni che hanno incominciato a picchiare e minacciare tutti, anche donne e bambini. Hanno distrutto tutte le cose che avevamo nel nostro centro comunitario: computer, libri, hanno strappato tutte le bandiere palestinesi disegnate dai bambini», racconta Ahmed.

Che conclude: «Ci hanno detto che se entro le 19 di quel giorno non avessimo issato la bandiera israeliana sulle nostre case, sarebbero venuti tutte le notti». I coloni il giorno dopo non si sono presentati, ma passati due giorni, a mezzanotte hanno fatto irruzione i militari. Sono entrati nelle case degli abitanti del villaggio, hanno legato e bendato gli uomini, hanno distrutto letti, cucine e scorte alimentari.

QUANDO AHMED ha provato a chiedere spiegazioni a un soldato gli è stato intimato di non parlare se voleva vivere. «Mi hanno bendato e ammanettato mettendomi qualcosa in mano, non so cosa fosse, ma faceva male. Ci hanno preso i telefoni e hanno controllato tutto: chat, messaggi, foto», racconta Ahmed che si dice preoccupato soprattutto per le sue figlie: «Le due più piccole non hanno visto nulla, stavano dormendo, ma la più grande, di sei anni, ha visto tutto. I soldati sono entrati con i cani che le ringhiavano, è sotto choc».

La fatica, la paura e gli attacchi scandiscono le giornate di intere comunità che negli anni hanno sempre resistito con la forza della pace ai soprusi, ma che oggi fanno sempre più fatica: «Io provo a essere forte, ma sono stanco e intorno a me è tutto così difficile», conclude Ahmed.

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