Dopo le minacce di Putin, la Ue cerca una risposta, al di là delle parole di condanna e del giudizio sul «gesto disperato» del presidente russo, che mette il mondo in alta tensione. «Putin sta mostrando la sua debolezza ora perché quello che si vede è che pianifica di mobilitare personale che è meno addestrato, con meno esperienza, meno motivato – ha affermato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – inoltre, vuole indire un referendum sul suolo ucraino: penso che questo richieda nuove sanzioni da parte nostra». L’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, ai margini dell’Assemblea generale dell’Onu, dove i ministri degli Esteri dei paesi Ue presenti si sono riuniti mercoledì sera, conferma: «C’è unanimità per nuove sanzioni», che dovrebbero concentrarsi su «settori e persone». A Bruxelles da settimane è allo studio un settimo pacchetto di sanzioni. Borrell non ha fatto precisazioni, ma nuovi nomi di personalità vicine al Cremlino potrebbero essere aggiunti alla lista di chi è bandito dall’area Ue. Molti settori economici sono già sotto embargo e queste misure potrebbero essere estese al settore del lusso. Infine, sul tavolo c’è un tetto al prezzo del petrolio, come già chiesto dal G7. Le sanzioni contro il petrolio russo, contenute nel sesto pacchetto, entreranno in vigore entro fine anno (e all’inizio del prossimo per i prodotti derivati). Parallelamente a un nuovo pacchetto di sanzioni, dovrebbe continuare l’approvvigionamento di armi all’Ucraina, l’addestramento dei militari e l’appoggio dell’intelligence dei paesi europei a Kiev. Sulle armi, non ci sono precisazioni e prevale la prudenza: il referendum nell’est dell’Ucraina deciso da Putin equivale a un’annessione e implicherebbe un attacco al “territorio” russo in caso di offensiva ucraina, contribuendo così all’escalation avviata dal Cremlino.

«PUTIN VUOLE spaventarci, vuole spezzare l’unità di fronte alla minaccia nucleare», ha affermato il ministro degli Esteri dell’Estonia, Urmas Reinsalu. Finora, la Ue ha mantenuto l’unità, anche se l’Ungheria non ha mai approvato le sanzioni, pur non bloccandole. Ma ieri Viktor Orban è ripartito all’attacco – sperando di rafforzare la sua posizione con l’annunciata vittoria dell’estrema destra in Italia – chiedendo di «revocare le sanzioni Ue entro l’anno». Per Orban, con le sanzioni la Ue ha trasformato il conflitto «in una guerra economica mondiale». La Germania ieri ha fatto sapere di essere pronta ad accogliere «i disertori» russi. La Commissione lo raccomanda. Ma i paesi confinanti non sono d’accordo. I Baltici avevano ribadito qualche giorno fa che non avrebbero più concesso nemmeno dei «visti umanitari» e rifiutato il passaggio con visti Schengen, come deciso da Bruxelles il 19 settembre.

Volodymyr Zelensky, nell’intervento video mercoledì all’Assemblea generale, ha chiesto un «giusto castigo» per Putin e propone un tribunale speciale per crimini di aggressione. Alla riunione ieri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, sotto presidenza francese, la ministra degli Esteri Catherine Colonna ha annunciato che la Corte penale internazionale è già al lavoro, «vedremo le conclusioni, i responsabili saranno giudicati».

LA RUSSIA, fin dall’inizio del conflitto, ha puntato sulla possibile divisione della Ue. L’occidente, dopo le prime reazioni all’invasione del 2 febbraio, ha dovuto constatare che il mondo non lo ha seguito: la zona Ocse ha condannato e imposto sanzioni, l’Organizzazione di cooperazione di Shanghai non ha condannato né messo sanzioni, mentre il resto del mondo, che rappresenta la metà della popolazione mondiale, è rimasto non allineato. La Turchia e il Brasile si erano dichiarati esplicitamente contro le sanzioni, ma ieri Ankara ha parlato di «referendum Potemkin». L’escalation di Putin sta cambiando la situazione, la Cina è sempre più prudente, la Russia più isolata.