La Turchia invia mercenari siriani anche in Azerbaijan
Nagorno-Karabakh Ankara ha fatto lo stesso nei mesi scorsi in soccorso al leader libico El Sarraj. Anche Israele, fornitore di armi all'Azerbaijan, segue con molto interesse gli sviluppi nella regione contesa
Nagorno-Karabakh Ankara ha fatto lo stesso nei mesi scorsi in soccorso al leader libico El Sarraj. Anche Israele, fornitore di armi all'Azerbaijan, segue con molto interesse gli sviluppi nella regione contesa
«Siamo sempre con il fratello Azerbaijan poiché è sempre dalla parte della Turchia…continueremo a stare con Baku sul campo di battaglia e al tavolo dei negoziati», assicurava ieri il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu. Davanti a queste frasi è arduo immaginare come Ankara possa dare un contributo diplomatico alla soluzione del conflitto tra Armenia e Azerbaijan. Al contrario sul campo di battaglia il suo «contributo» è evidente. E non solo per gli ingenti rifornimenti di armi agli azeri. Il ben informato portale d’informazione sul Medio oriente Middle East Eye (Mee) riferisce che centinaia di mercenari siriani agli ordini della Turchia sono partiti o stanno per andare in Azerbaijian. Hanno l’incarico di proteggere gli interessi turchi di fronte alla possibilità concreta di una guerra aperta tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno-Karabakh.
Citando una fonte in Turchia con conoscenza diretta della questione – che ha chiesto l’anonimato -, Mee riferisce che dal mese scorso contractor privati turchi assumono siriani da mandare a Baku. «Hanno raccolto civili ed ex combattenti per addestrarli come guardie di sicurezza con uno stipendio mensile di 600 dollari. Il primo gruppo ha completato la formazione ed è già stato inviato (in Azerbaijan)», ha detto la fonte. Altri parlano di stipendi tra 1000 e 2000 dollari e di impiego concreto nei combattimenti e non solo come guardie private. In sostanza Ankara sta seguendo lo stesso percorso intrapreso in Libia dove ha inviato migliaia di jihadisti e islamisti siriani – provenienti dalla regione occidentale di Idlib, sotto il controllo militare turco – a combattere assieme alle truppe governative agli ordini del premier El Sarraj (alleato del leader turco Erdogan), contro la milizia del generale Khalifa Haftar.
Anche quelli diretti in Azerbaijan giungerebbero da Idlib. Passano dal valico di frontiera di Kilis e una volta entrati in territorio turco firmano contratti con società di sicurezza private. Sono uomini del cosiddetto Esercito nazionale siriano, la milizia finanziata e addestrata da Ankara, appartenenti a varie divisioni e brigate. Quelli della Sultan Muhammad al-Fatih e della Mutasim sarebbero già in Azerbaijan. Attraverso i contractor, il governo turco può aggirare l’approvazione del parlamento necessaria per l’impiego in guerra di truppe regolari. Baku da parte sua nega tutto e definisce queste notizie «un’altra provocazione armena e una totale assurdità».
C’è un altro spettatore molto interessato, lo Stato di Israele, agli sviluppi nel Nagorno-Karabakh. Ufficialmente Tel Aviv è neutrale tra Yerevan e Baku. Nondimeno ha interessi strategici nel Caucaso meridionale e i rapporti che mantiene con l’Azerbaigian sono decisamente più ampi rispetto a quelli con l’Armenia. Baku è alleata di Israele nello scontro a distanza con l’Iran ed è preziosa per la raccolta di informazioni strategiche. I due paesi hanno stabilito relazioni diplomatiche nell’aprile del 1992 e da allora i rapporti si sono approfonditi soprattutto in campo militare. Società private israeliane hanno addestrato forze speciali azere, costruito sistemi di sicurezza per l’aeroporto di Baku e ammodernato carri armati di era sovietica. Nel 2016 il premier Netanyahu rivelò che l’Azerbaijian aveva acquistato armi israeliane per un valore di cinque miliardi di dollari. Nel 2017 una società israeliana produttrice di droni tentò «a scopo dimostrativo» di bombardare truppe armene per conto degli azeri. Senza dimenticare che Baku copre fino al 40% del fabbisogno di petrolio di Israele, attraverso l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.
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