I Nar hanno realizzato la strage di Bologna del 2 agosto 1980 nell’ambito di un disegno politico «strettamente eversivo» che mirava alle «strutture dello stato democratico» per una «radicale distruzione della società». Sono durissime le parole con cui la Corte d’Appello di Bologna motiva la condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini, che, secondo la giustizia italiana, insieme a Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Paolo Bellini ha organizzato e messo in pratica uno dei più sanguinosi massacri della storia europea dalla fine della seconda guerra mondiale, con 85 morti e 200 feriti.

I giudici, in 350 pagine, tirano in ballo anche la P2 e pezzi dello stato come parti attive nell’organizzazione della strage. «Può ritenersi che il Gelli – scrive la Corte – tramite i servizi da lui dipendenti e che a lui rispondevano, finanziò e attuò la strage, servendosi come esecutori di esponenti della destra eversiva, trovando terreno fertile in quei ragazzini che in quella fase avevano il convergente interesse, nella loro prospettiva ideologizzata, a disintegrare in radice le basi dello stato democratico». I depistaggi, infine, vennero «posti in essere da appartenenti ai servizi (sia Sisde sia Sismi) tutti facenti parte della P2 o ad essa comunque collegati (Grassini, Santovito, Umberto D’Amato, Pazienza, Musumeci, Cioppa, Pompò, Belmonte), i quali tutti rispondevano direttamente o indirettamente a Gelli».

SU QUESTA BASE, come pure richiesto dalla procura generale, la strage comune del primo grado è stata riqualificata in strage politica, forse il reato più grave dell’intero codice penale. Se in un primo tempo quella di Bologna era stata definita «strage comune» è perché si dava credito alla nozione di «spontaneismo armato» riferita ai Nar. Gli interessi convergenti con Gelli e i servizi cosiddetti deviati, però, hanno convinto i giudici a riconoscere «la ricorrenza della matrice politica della strage». Un macigno su tante discussioni relative ai fatti di quel 2 agosto, anche se, a onor del vero, le responsabilità materiali restano controverse. Per la Corte d’Appello, infatti, «non è stato possibile appurare se anche Cavallini si sia recato a Bologna», ma in ogni caso quanto accertato «è già pienamente sufficiente, sul piano oggettivo, a configurare un apporto concorsuale» con chi piazzò la bomba e la fece esplodere alla stazione. Spiegano ancora i giudici: «L’incontro dei quattro coimputati la sera del 31 luglio e le successive condotte unitariamente tenute sono riprova di una meticolosa preparazione di un evento che li accomunava». E visto che «Cavallini rivestiva un ruolo apicale» nei Nar, «il gruppo non avrebbe mai aderito (al progetto della strage, ndr) senza il suo pieno consenso e la sua diretta partecipazione».

SPICCA POI IL PASSAGGIO sull’alibi («radicalmente falso») fornito da Cavallini: «Il 2 agosto 1980 era un giorno indimenticabile, soprattutto a breve distanza dall’evento, soprattutto per chi riteneva potesse essere direttamente e personalmente implicito nelle indagini di lì a venire», come appunto i Nar. «Non è dunque pensabile – proseguono i giudici – che ben quattro persone non ricordassero con esattezza dove si trovavano». E ancora: «Le scansioni di quella giornata erano destinate a rimanere impresse nella mente pressoché di chiunque l’avesse vissuta, a maggior ragione per i Nar che «erano ben consapevoli che fin da subito l’attenzione degli inquirenti si sarebbe indirizzata verso il mondo dell’eversione nera». E però «nulla di tutto ciò accadde» perché Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini «inizialmente resero dichiarazioni del tutto difformi su come avessero trascorso la giornata, in particolare la mattina, per poi allinearle man mano che venivano a conoscenza di quelle rese dagli altri e, infine, giungendo a una versione quasi completamente comune».
Le vicende processuali intorno alla strage di Bologna, comunque, non sono finite qui. Il processo d’Appello a Paolo Bellini è arrivato alla sua seconda udienza e procede in maniera piuttosto lenta: siamo ancora all’esame delle richieste di rinnovazione dei consulenti tecnici. Il primo grado, dopo ben 76 udienze, era finito con la condanna all’ergastolo di Bellini nell’aprile del 2022.