Politica

La sorpresa di Padoan sull’Iva scalda la settimana del Def

La sorpresa di Padoan sull’Iva scalda la settimana del DefIl ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan – LaPresse

Tasse Il ministro contraddice Renzi: alzare le aliquote per ridurre il cuneo fiscale. Domani l'audizione davanti alle commissioni di camera e senato

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 18 aprile 2017

Anche le tasse risorgono a Pasqua. Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan intende proporre ai gendarmi europei dell’austerità un patto: aumentare l’Iva per abbassare il cuneo fiscale sul lavoro senza incidere sul deficit. E non esclude il taglio dell’Irpef, inizialmente previsto per il 2018 e poi rimosso dal Documento di economia e finanza (Def). Renzi non deve avere gradito la sorpresa trovata nell’uovo-Def e ha richiamato all’ordine i suoi uomini in nome della cuccagna elettorale che sta preparando. In realtà, fino ad oggi, la cuccagna è stata un salasso. Non solo sono stati inutili i 21 miliardi in bonus bruciati negli ultimi tre anni senza intaccare il cuneo fiscale, ora si prospetta un aumento generalizzato dell’Iva pagato da tutti i contribuenti per alleggerire il peso record del cuneo sui lavoratori e sulle imprese.

L’uscita pre-pasquale di Padoan in un’intervista a Il Messaggero è passata quasi del tutto inosservata, ma potrebbe tenere banco da domani quando il ministro sarà chiamato a riferire sul Def davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato. Il documento sarà votato dai due rami del Parlamento il 26 aprile per essere inviato a Bruxelles per posta prioritaria. L’esame della manovrina che dovrà ritoccare di 3,4 miliardi i pasticci dell’ultimo anno dovrebbe partire in settimana dalla Camera.
La sortita di Padoan, non si sa quanto concordata con il resto del governo, lascia intravedere la difficoltà dell’esecutivo di recuperare i 19,5 miliardi necessari per neutralizzare l’aumento dell’aliquota Iva del 10% al 13% e di quella del 22% al 25. In quest’ultimo caso, un aumento di un punto di Iva dal 22 al 23% imporrebbe a una famiglia fino a quattro persone un aumento di imposta di circa 100 euro all’anno. Per la Cgia di Mestre questo avrebbe «ripercussioni negative sui consumi interni del paese che costituiscono la componente più importante del nostro Pil».

L’aumento delle aliquote è stato più volte rinviato in attesa dei tagli alla spesa pubblica e in vista di un pareggio strutturale di bilancio previsto nel 2019. I tagli, a quanto pare, non sono arrivati e per questo dovrebbe scattare il taglio semi-automatico delle imposte il cui importo Padoan sembra ora volere dirottare sul cuneo fiscale e non sul taglio del deficit o del debito. Il ministro ha giustificato questa mossa evocando le «regole» della «finanza pubblica», indicate dall’Ocse, l’organizzazione per la quale ha lavorato. La stessa che lo ha sconsigliato di adottare la misura berlusconiana di abolizione delle tasse sulla prima casa in quanto inefficace, oltre che iniqua.

«Lo scambio tra Iva e cuneo fiscale – ha spiegato Padoan – è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese esportatrici, le più competitive, le quali non possono avvantaggiarsi del tasso di cambio». Invece di escogitare misure che favoriscono la domanda interna – uno dei problemi strutturali di un’economia alle prese con un livello bassissimo di investimenti privati e pubblici e una domanda scarsa – lo scambio Iva-cuneo aggrava la situazione imponendo ai contribuenti di finanziare le imprese che hanno già una posizione di forza sul mercato internazionale.

Preoccupa anche la previsione del maxi taglio del deficit pari a circa 15 miliardi di euro (dal 2,1 all’1,2%) previsto nel Def. A queste previsioni, fatte più per la Commissione Ue che per una reale politica economica, non bisogna dare molto credito. La prospettiva resta comunque inquietante, se si tiene conto che da solo il governo Monti tagliò circa 20 miliardi di disavanzo nel 2011. In un anno pre-elettorale, è poco plausibile che la previsione si concretizzerà. Insieme all’aumento dell’Iva ci sarebbe uno tsunami fiscale. È bastato molto meno – un aumento delle accise sulla benzina nella manovrina – a far imbizzarrire Renzi. Non è escluso che le tensioni si moltiplicheranno tra il perdente del referendum del 4 dicembre e il suo governo-ombra, da oggi fino a dicembre.

Finito il carburante della flessibilità, e in vista della fine del Qe di Draghi nel 2018 già annunciato nel Def, sarà sempre più difficile trovare la quadratura del cerchio.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento