La «signora» non sta bene, sciopero al New York Times
Stati uniti Giornalisti e impiegati incrociano le braccia per 24 ore. Non succedeva da quarant’anni. I membri della NewsGuild chiedono un aumento di stipendio sostanziale, concessioni sulla copertura sanitaria e sulle pensioni
Stati uniti Giornalisti e impiegati incrociano le braccia per 24 ore. Non succedeva da quarant’anni. I membri della NewsGuild chiedono un aumento di stipendio sostanziale, concessioni sulla copertura sanitaria e sulle pensioni
L’ultimatum scadeva alla mezzanotte di mercoledì. E, come ormai si prevedeva da giorni, allo scoccare di quell’ora, oltre millecento impiegati del New York Times (membri della NewsGuild of New York, un sindacato che include giornalisti, assistenti editoriali, guardie di sicurezza e responsabili delle vendite pubblicitarie) sono entrati in sciopero per ventiquattr’ore – un gesto collettivo di ribellione nei confronti della direzione del giornale che non ha precedenti da quarant’anni a questa parte, e che sfida la cultura abbottonatissima con cui il maggior quotidiano Usa tende a gestire le sue beghe interne; secondo il principio per cui esistono «i giornali» e poi… c’è «il New York Times».
Basta infatti citare un’associazione con la testata per cambiare l’alchimia di una sala stampa, far entrare nel panico un press attaché o, come succede nel recente film She Said (sul reportage del ‘Times che ha contribuito alla caduta di Harvey Weinstein), evocare un momento mitico, alla Clint Eastwood/Make my day, quando il giornalista si presenta a sorpresa alla porta di casa di una fonte importante.
DIVERSAMENTE da altre recenti sommosse interne, come quella che provocò il licenziamento del direttore Howell Raines, nel 2003, che riguardavano piuttosto la politica editoriale, la disputa che ha determinato il walkout di ieri è di natura finanziaria. Da oltre due anni senza un contratto, i membri della NewsGuild vogliono un aumento di stipendio sostanziale, concessioni sulla copertura sanitaria e sulle pensioni, e flessibilità sull’opzione di lavorare in remoto. La scelta di mettere in atto un gesto pubblico come il walkout, bloccando per 24 ore il flusso non stop delle breaking news e mettendo a rischio l’edizione in carta, invece di continuare trattative a porte chiuse, è un segno della profonda frustrazione degli impiegati nei confronti della leadership del quotidiano, che oggi è diretto da Joe Kahn, veterano della testata con alle spalle anni di reportage dalla Cina e un paio di Pulitzer. Mentre alle redini della compagnia, in qualità di capo del consiglio d’amministrazione, rimane A.G. Sulzberger, discendente della famiglia che controlla il pacchetto maggioritario, pari a circa il 70%.
LA TENSIONE È TALE che alcuni giornalisti hanno addirittura cominciato a lamentare pubblicamente – altra clamorosa infrazione di etichetta – il doppio standard tra la copertura pro-sindacale che il ‘Times offre rispetto alla politica amministrativa di corporation come Amazon o Starbucks, e il trattamento che riserva ai propri impiegati. «Il giornale rappresenta e difende molti valori giusti e nobili. Ma a volte sembra dimenticarsi che non siamo suore e preti che si sono votati gratuitamente a Gesù . Siamo lavoratori, che devono essere pagati. Se predichi il bene devi anche agire bene», ha dichiarato per esempio alla rivista New York il critico di cinema del ‘Times Manohla Dargis.
«Lo staff lavora senza contratto da anni. L’inflazione è terribile. È normale che siano furibondi. L’ordine di rientrare a lavorare in redazione ha solo esacerbato le cose. Gli stipendi non sono mai stati aggiornati al costo vita. Il vero problema è quello» ha detto al New York Jill Abramson, che era succeduta a Howell Raines alla direzione.
È IMPORTANTE NOTARE che, diversamente da altre testate, il New York Times ha gestito con grande successo la svolta digitale e che le sue quotazioni a Wall Street sono alte. Con 470.8 milioni di visite solo in ottobre il suo sito è il più frequentato tra tutte le testate giornalistiche del mondo (nello stesso mese, Cnn ha totalizzato 413 milioni di visite, il Washington Post 157 milioni). Grazie a un incremento di 180.000 iscrizioni registrato nel secondo quadrimestre del 2022, il ‘Times oggi vanta 9.17 milioni di abbonamenti digitali e conta di arrivare ai 15 milioni entro il 2027 -forte anche del traffico risultante dall’acquisto di popolari siti web come Serial.
L’INTROITO che il quotidiano ha riportato nel 2021 è stato di 2.1 miliardi. Lo stipendio medio di un redattore iscritto alla NewsGuild è di 133.500 dollari all’anno. Secondo le stime della Security Exchange Commission, il compenso di Sulzberger per il 2021 è stato di 3.6 milioni, circa il 50% il più dell’anno precedente.
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