L’hanno chiamata «irrigazione di soccorso». Non si può fare altro d’immediato in Sicilia per cercare di salvare il ciclo delle piante, soffocate dalla siccità e con gli agricoltori che stimano un crollo della produzione tra il 70 e il 90 per cento. Gli invasi sono semi-vuoti. E si corre ai ripari come si può.

ENNA, AGRIGENTO E CALTANISETTA le province più in crisi. La diga Castello, nel comune di Bivona (Ag), serve le esigenze irrigue dei terreni nelle valli dei fiumi Verdura, Magazzolo e Platani: 10 milioni di metri cubi d’acqua in genere per cinque irrigazioni. Ma quest’anno i metri cubi disponibili sono appena 2 milioni, per cui la cabina di regia, istituita dalla Regione siciliana, ha dato mandato al consorzio di bonifica di procedere con una sola irrigazione per soccorrere le piante: a Ribera (Agrigento), dove la fa da padrona l’arancia, è cominciata domenica scorsa, tra due settimane si avrà un primo responso.

NOVANTA CHILOMETRI più a sud c’è la diga Furore a Naro (Ag) sul torrente Grancifone, la sua capacità è ridotta del 50%, sono già pregiudicate le colture arboree e ortine. Anche il lago Arancio – che serve le zone di Sciacca, Menfi e Castelvetrano – è sotto gli otto milioni di metri cubi che abitualmente servono per effettuare la normale irrigazione.

SUL VERSANTE CATANESE, la Coldiretti solleva il caso della diga di Lentini. Dopo anni di attesa lo scorso febbraio sono cominciati i lavori con la previsione di concluderli a giugno ,«ma ancora non si intravede la fine nonostante l’iniziativa fosse stata salutata con grande entusiasmo dall’assessorato regionale dell’Agricoltura».

«SONO PASSATI MESI – AFFERMA il presidente Andrea Passanisi – ma ancora niente. Si tratta di opere che sono indispensabili per garantire la sopravvivenza delle aziende agricole ma non si possono aspettare tempi biblici per il completamento soprattutto in questo momento».

DA MESI L’ACQUA SCARSEGGIA ANCHE nelle case. Sui tetti di Agrigento si moltiplicano bidoni e cisterne, il Prefetto ha mobilitato le forze dell’ordine contro il mercato nero dell’acqua e il proliferare di padroncini che fanno circolare autobotti abusive che tirano acqua dove la trovano.

UNO DEI CENTRI PRINCIPALI del mercato nero è Favara, a una ventina di chilometri da Agrigento. Da qui partono autobotti e camion in direzione dei centri dove l’acqua nelle abitazioni arriva con turni di una o due settimane. Per dieci mila litri si pagano 90 euro, l’acqua pero non si sa da dove arrivi e spesso non è potabile da qui l’allarme della Prefettura per la salute pubblica. Nelle ultime settimane il fenomeno si è allargato, ci sono mezzi che partono anche da Palermo e Catania per raggiungere Agrigento e Caltanissetta, e il prezzo dell’acqua in questi casi aumenta. Nonostante l’alert della Prefettura sono molti i cittadini che si rivolgono al mercato nero e usano l’acqua per lavarsi.

DOPODOMANI DAVANTI AL PORTO di Licata arriverà la nave cisterna Ticino della marina militare con oltre un milione di litri d’acqua per approvvigionare buona parte del centro storico. Ticino e la gemella Tirso sono unità ausiliarie che possono trasportare fino a un milione e duecentomila litri di acqua. Progettata per il trasporto di acqua potabile, viene impiegata per il rifornimento idrico delle isole minori e delle zone costiere prive di sufficienti risorse idriche.

DRAMMATICA LA SITUAZIONE in cui versano i comuni nella provincia di Caltanissetta. Alla non potabilità dell’acqua, problema che ormai si trascina dal 15 giugno, si aggiunge anche la scarsa capacità idrica del lago Fanaco, che sembra destinato ad esaurirsi nel giro di due settimane.

MENTRE LA MAGGIOR PARTE dei comuni ha la possibilità di approvvigionarsi da fonti idriche alternative, pur con tante difficoltà, i comuni del Vallone hanno come unica risorsa l’acquedotto Fanaco, con una capacità ormai ridotta al minimo. Il rischio a brevissima scadenza è quello di una ennesima riduzione dell’erogazione d’acqua (si dovrebbe passare dagli attuali 45 l/s a 20 l/s), con la prospettiva di una interruzione della fornitura.

AI SINDACI DEL NISSENO e dell’Agrigentino è arrivato, dalla Protezione Civile, l’invito ad acquistare autobotti, possibilmente usate e in pronta consegna. Ma non si tratta di una procedura così semplice. Intanto la prima misura adottata dalla Regione, sette milioni e mezzo di euro per ristorare gli agrumicoltori colpiti dalla siccità, per la Coldiretti è stata un fallimento.

«SI TRATTA DI UNA INIZIATIVA ASSUNTA senza condivisione, dall’assessorato regionale dell’Agricoltura a inizio gennaio che oltre ad aver determinato una diminuzione del prezzo delle arance per l’industria, non ha portato agli agricoltori neanche un euro – accusa la Coldiretti Sicilia – Un intervento urgente per i danni da siccità che ad oggi di urgente non ha nulla. L’ennesima batosta burocratica. Con quei fondi la Regione ha acquistato una grossa quantità di arance, con un bando poi ha previsto prevedeva la trasformazione degli agrumi in succhi da destinare alla beneficenza».

«MA LE OPERAZIONI DI PAGAMENTO sono ferme a causa delle lungaggini con cui si procede all’ identificazione dei destinatari che non sono strutturati per ritirare grandi quantitativi di succhi», prosegue la Coldiretti. «Un’operazione che si teme possa essere completata in tanti anni. Tutto già visto oltre un decennio fa. Stessa emergenza e stesso fallimento. L’iter burocratico così complicato impedisce una programmazione adeguata e soprattutto dimostra l’inadeguatezza di un sistema che rallenta anziché accelerare le soluzioni».

SI TEME ADESSO PER UN’ALTRA misura, 10 milioni di euro di voucher agli allevatori per ricevere il fieno necessario al bestiame, provvedimento che servirebbe per evitare gli abbattimenti degli animali. I termini per le istanze però sono scaduti ieri, anche in questo caso la paura è che la burocrazia si allei con la siccità.