La sentenza della Cassazione che palazzo Chigi vuole “annullare”
Criminalità organizzata Annunciato un decreto per la «corretta interpretazione». L’intenzione di stringere le maglie con è una revisione piuttosto dura del codice penale
Che cos’è la criminalità organizzata? È a questa domanda che intende rispondere il governo Meloni con la sua annunciata interpretazione autentica della sentenza numero 34895 emessa dalla prima sezione penale della Cassazione il 30 marzo 2022, improvvisamente divenuta centrale all’ultimo Consiglio dei ministri.
La sentenza che secondo Meloni metterebbe a rischio un numero enorme di processi riguarda un’eccezione sollevata dall’avvocato sulle intercettazioni ambientali a carico di una sua cliente autorizzate dal gip del tribunale di Napoli per un caso di omicidio aggravato dalle finalità mafiose. Secondo il legale l’ok del giudice era in contrasto con le leggi ordinarie, che andavano applicate al posto di quelle specifiche sulla criminalità organizzata perché i gravi indizi di colpevolezza della donna provenivano da fonti confidenziali. La Corte d’Appello di Napoli, rifacendosi a sua volta a due sentenze della Cassazione, aveva respinto l’obiezione dell’avvocato.
La prima sezione penale, però, un anno e mezzo fa ha cambiato le cose, citando le stesse due sentenze alla base della decisione della Corte d’Appello di Napoli. Secondo i giudici, per quello che riguarda i due pronunciamenti precedenti, «si può individuare il loro denominatore comune, costituito dalla tendenza a ricondurre nel perimetro della nozione di delitti di criminalità organizzata non solo i reati di criminalità mafiosa, ma tutte le fattispecie criminose di tipo associativo» e particolarmente l’associazione a delinquere. Dunque per parlare di criminalità organizzata è necessaria «la contestazione di una fattispecie associativa, anche comune». Negli altri casi bisogna rifarsi alle leggi ordinarie, anche quando si tratta di reati commessi con modalità mafiose o con l’obiettivo di agevolare una qualche organizzazione criminale. Da qui il nuovo rinvio alla Corte d’Appello di Napoli che dovrà valutare un’altra volta il caso tenendo conto di questa nuova interpretazione.
L’idea di Meloni è di stringere le maglie della nozione di criminalità organizzata, di cui si potrà dunque parlare anche in assenza di associazioni riconoscibili. In altre parole, agire come un mafioso o come un terrorista vorrà dire prendersi un’accusa di mafia o di terrorismo, anche se non si fa parte di organizzazioni mafiose o terroristiche. Sembra un dettaglio astratto, ma in realtà è una revisione piuttosto dura del codice penale, l’esatto contrario del garantismo che la destra italiana sbandiera come suo tratto distintivo.
Il principio, comunque, era stato in qualche modo preannunciato da Antonio Tajani durante il suo discorso d’insediamento alla segreteria di Forza Italia, quando, per difendere le uscite di Nordio sul concorso esterno, ha fatto l’esempio del fiancheggiatore delle Brigate Rosse che, secondo lui, è un brigatista a tutti gli effetti. Sarebbe la cancellazione dell’affectio societatis scelerum, la cui esistenza è un elemento essenziale per contestare il reato di associazione a delinquere.
A livello tecnico possiamo presumere che l’intervento si farà sull’articolo 416 del codice penale, andando a rivedere l’elemento soggettivo del reato. Perché sussista il dolo, infatti, è necessaria non solo la volontà di associarsi ma anche la consapevolezza di averlo fatto con almeno altre due persone per commettere una serie di delitti. Sin qui l’associazione a delinquere è sempre stata considerata un dolo specifico, che si esclude in caso di ignoranza del carattere delittuoso dei fatti che rientrano nello scopo comune. Lo stesso discorso si applica al 416/bis, l’associazione a delinquere di tipo mafioso, che, seguendo quanto scritto nella legge Rognoni-La Torre del 1982, pone pure una serie di condizioni ricorrenti perché se ne possa parlare: forza di intimidazione, condizione di assoggettamento, omertà.
La giurisprudenza, in realtà abbastanza chiara, è stata più volte piegata dagli investigatori per costruire i propri teoremi. Senza dover tornare a quarant’anni fa e alla stagione delle emergenze, basti citare il processo Mafia Capitale (alla fine del quale cadde l’aggravante mafiosa) o la recente inchiesta della procura di Padova su Ultima Generazione, definita associazione a delinquere. La questione, in sostanza, si presenta quasi sempre nella forma opposta rispetto a quella che tanto preoccupa Meloni.
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