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La rivolta di Rivalta

La rivolta di Rivalta

Torino Il centro piemontese fin dagli anni Novanta è la culla di una politica nuova e trasversale, contro le «grandi opere» e il consumo del territorio che tanto piacciono a Fi e Pd. Dalla giunta locale di Mauro Marinari la neosindaca M5S Chiara Appendino ha prelevato il suo vice, e ispirazione

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 9 luglio 2016

Relegato a fenomeno di costume prima, e di ordine pubblico poi, il movimento No Tav ha silenziosamente gemmato organizzazioni politiche che hanno preso piede in tutta Italia: un percorso ventennale, cominciato nei piccoli comuni della val Susa, conquistati uno ad uno.

La storia che raccontiamo è accaduta nell’unico posto d’Italia dove fosse possibile, perché sintesi tra un uomo duttile ma resistente e una comunità culturalmente egemonica, nata ben prima di lui: il tutto in un contesto specifico, il territorio che dovrebbe essere attraversato dalla Torino-Lione.

Ma facciamo un passo indietro. Nel dicembre 2005, dopo la «battaglia» di Venaus, su un palco montato in un periferico parco della città Alberto Perino, Beppe Grillo, Dario Fo, e Marco Travaglio arringavano sessantamila valsusini e qualche stranito torinese. La città vetrina che viveva l’apice della sua trasformazione allontanava dal centro patinato quello strano mondo incomprensibile che non voleva un’infrastruttura. Tra l’enorme folla che si accalcava sotto il palco c’era Mauro Marinari, dipendente del comune di Torino e politico in un importante centro satellite della metropoli, Rivalta, 20 mila abitanti, incastonati tra Beinasco e Rivoli. Nel 2005 si parlava ancora di appartenenze partitiche, anche se, sulle cose che compongono la vita dei territori, strane convergenze destra-sinistra risultavano evidenti: come nel caso della Torino – Lione, su cui tutti concordavano e concordano.

A Rivalta, in quel tempo, si concentravano tensioni sociali che non trovavano ascolto, e quasi tutte traevano origine da un utilizzo del territorio impattante. Ci sono due inceneritori di rifiuti speciali, la cementificazione dilagante che fagocita territorio agricolo e lascia scheletri di capannoni e centri commerciali, e soprattutto la prospettiva del Tav, la «grande opera» per eccellenza. Il progetto prevede, ancora oggi nonostante che dei primi schizzi rimanga solo più il tunnel di base, una trincea larga cento metri che sventrerebbe il territorio. Questo perché la nuova linea proveniente dalla Francia deve a tutti i costi raggiungere lo scalo merci di Orbassano, mega opera voluta negli anni Settanta e ormai abbandonata.

Solo poche settimane, fa l’esecuzione di alcuni carotaggi ha sconvolto la vita del paese, che ha visto arrivare truppe antisommossa incaricate di tenere a bada la cittadinanza ma soprattutto la giunta, dichiaratamente contraria all’opera. Ma questo accade oggi. Al contrario, nei primi anni del nuovo millennio, lo schema politico di Rivalta era uguale a quello presente in tutta Italia: centrosinistra al potere con consenso verso le grandi opere e sfruttamento economico del territorio grazie agli oneri di urbanizzazione.

Qui, Mauro Marinari faceva politica.

È un uomo di sinistra, arriva dalla Rete, poi transita per due anni nel Pds, pacifista e ambientalista: si inventa la politica della sostenibilità, fumoso concetto accademico che aggettiva il sostantivo «sviluppo». Lo fa grazie alla presenza di una comunità locale già strutturata, che lotta da tempo, e ha creato il terreno fertile per una spinta progressista. Un uomo delle istituzioni nella sua Rivalta, dove nel tempo ha coperto diversi ruoli da assessore, ma soprattutto è un instancabile attivista che porta avanti battaglie, osservate con stupore e poca comprensione dai suoi compagni di partito, per la pace, contro il consumo di suolo, contro l’alta velocità, per il riciclo dei rifiuti.

Marinari, e chi lo circonda, per lungo tempo parla un linguaggio incomprensibile, mentre lui dialoga con chi lo compatisce o lo prende per pazzo, l’onda del movimento No Tav si ingrossa e si avvicina sempre più verso Torino e la sua periferia. Un mondo raccontato come afflitto dalla sindrome nimby, afflitto dai black bloc, dai centri sociali, ma che affronta le stesse tematiche di Mauro Marinari con la stessa metodologia: vasta partecipazione e una sola richiesta, le appartenenze, soprattutto i simboli, rimangono fuori dalla porta della stanza dove si discute.

Il «Comitato di cittadinanza attiva Rivalta Sostenibile» nasce nel 2001 nel mare magnum di Genova 2001: dentro ci sono i lillipuziani, i No Tav, cattolici, ex comunisti, un po’ tutto. Inizia come un’organizzazione tradizionale che chiede di essere ascoltata, e dato che un confronto serio non giunge mai si ingrossa mese dopo mese, anno dopo anno.

Rivalta Sostenibile è il simbolo di una parte di Italia che inizia in quegli anni a guardare con sospetto la propria casa di appartenenza, il centrosinistra, e dopo il sospetto giunge la convinzione che debba esserci la rottura definitiva costi quel che costi. Marinari e compagni però non si limitano a protestare ma iniziano ad organizzare conferenze su temi che ai più suonano stravaganti: la decrescita economica, la teoria del cemento zero, corsi di riciclo dei rifiuti. Sono contro le grandi opere, le privatizzazioni dei servizi; il gruppo analizza in serate pubbliche le politiche del Wto e affronta il problema degli Ogm. Si tratta di prospettive per una nuova sinistra, che però fatica a comprendere quei mondi e le giudica antimoderne, luddiste e, pure, «roba da casinisti».

Passa il tempo, si giunge al 2007. Il Movimento 5 Stelle, ancora in forma di MeetUp e senza l’acronimo attuale, sta muovendo i primo passi, Mauro Marinari e Rivalta Sostenibile si inventano le primarie. Arrivano alle elezioni ed entrano in consiglio comunale, dove iniziano a fare opposizione pesante. Aumentano la frequenza di approfondimenti culturali sul territorio, continua la spinta sul grande contenitore della «sostenibilità».

Corteo No Tav tra Rivalta e Rivoli nel 2010 - foto LaPresse
Corteo No Tav tra Rivalta e Rivoli nel 2010 – foto LaPresse

La vicenda Tav passa dal locale al nazionale, Rivalta con il nuovo tracciato voluto dall’Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione presieduto da Mario Virano è sempre più coinvolta nel progetto. Buona parte della sinistra tradizionale continua a far spallucce, a giudicare un fenomeno di costume quel mondo strano, non comprensibile, che si oppone alla costruzione dei capannoni e invita a parlare Serge Latouche e don Andrea Gallo.

Arriva la rottura totale con le origini, «il rifiuto di considerarsi di sinistra perché la sinistra è ormai ultra liberista». Marinari, ben prima di Grillo, parla di fine delle appartenenze, e professa l’analisi delle idee sulle cose al di là delle simbologie nominali.

A Torino, poco distante, la commistione banca-partito-Fiat è l’orizzonte culturale del centrosinistra a guida Pd. Si sta aprendo una forbice percettiva enorme. Nel 2011 il M5S prende il 3,5% sotto la Mole, l’anno successivo, nelle elezioni comunali, Rivalta Sostenibile vince contro ogni previsione: il M5S non si presenta all’appuntamento elettorale nella cittadina e da Grillo giunge il sostegno pubblico.

Lo schema è semplice: al primo turno riescono a raggiungere il ballottaggio, al secondo dilagano. La sinistra tradizionale non comprende la batosta, parla di pericolo imminente.

Marinari nomina assessore all’urbanistica Guido Montanari, docente del politecnico di Torino, che blocca il piano regolatore facendo infuriare i costruttori. Il nuovo sindaco riduce gli sprechi e dirotta i fondi sui servizi, denuncia il taglio delle risorse da parte dei governi centrali agli enti locali, esce dall’Osservatorio di Virano, vuole la trasformazione dell’azienda dell’acqua, la Smat, da ente di diritto privato a pubblico, facendo così infuriare Piero Fassino.

La fu appartenenza politica è superata completamente, destra e sinistra per Mauro Marinari, ex componente della segreteria provinciale del Pds, non esistono più, sono «categorie del pensiero fuori tempo che bloccano la collaborazione delle persone comuni sulle cose.»

Passa ancora il tempo, si giunge alle elezioni comunali di Torino di poche settimane fa.

La candidata del M5S nomina assessore in pectore all’urbanistica, posto strategico per eccellenza, Guido Montanari, prelevandolo da Rivalta. Il quale non si tira indietro e annuncia una politica cemento zero, il conteggio delle case vuote in città, contrarietà al Tav, valutazione analitica di tutte le grandi opere previste per Torino.

Parte il cannoneggiamento a palle incatenate verso l’assessore in pectore, con gli stessi argomenti utilizzati per Marinari nel 2012: antimoderno, stravagante, vuole bloccare il progresso.

Chiara Appendino dunque vince le elezioni nel 2016 con lo stesso schema utilizzato da Mauro Marinari quattro anni prima, e come risposta alle accuse di antimodernismo e luddismo nomina, anche come vicesindaco, Guido Montanari, che si dimette da assessore a Rivalta. Insomma, a posteriori, si può dire che nella piccola Rivalta, un tempo conosciuta solo per lo stabilimento Fiat, c’erano le basi per una nuova sinistra che in molti non hanno voluto vedere.

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