La rete di sorveglianza di Hamas su Gaza
Striscia di sangue Inchiesta del New York Times sul General Security Service. Informatori, vicini delatori, controllo di giornalisti, attivisti e «attività immorali»
Striscia di sangue Inchiesta del New York Times sul General Security Service. Informatori, vicini delatori, controllo di giornalisti, attivisti e «attività immorali»
Controllo di giornalisti, dissidenti, attivisti, ma anche persone semplicemente sospettate di «adulterio» o «atti immorali», oltre agli stessi alleati del Jihad Islami. Un’inchiesta del New York Times descrive la rete di sorveglianza di Hamas sulla popolazione di Gaza, portata avanti dalla “polizia segreta” del General Security Service, e che stringe i cittadini fra la pervasiva sorveglianza high tech di Israele e quella del governo della Striscia, fondata su mezzi più antichi come gli informatori segreti e la delazione dei vicini di casa – ma anche il controllo dei social media.
L’inchiesta parte da dei file consegnati al quotidiano statunitense dalle unità di intelligence israeliane a Gaza, poi verificati dal Nyt contattando i diretti interessati citati nei documenti. In particolare, una presentazione in Power Point che descrive le operazioni del General Security Service, preparata a poche settimane dal sette ottobre, e che sarebbe stata destinata allo stesso leader di Hamas Yahya Sinwar.
«Se non sei con loro, diventi un ateo, un infedele e un peccatore», ha detto al quotidiano Usa Ehab Fasfous dalla Striscia di Gaza. Fasfous, un giornalista, appare nei documenti come «uno dei principali odiatori» di Hamas, e lo scorso agosto è stato fermato mentre andava a seguire una manifestazione di protesta. Nell’intervista con il Nyt, l’uomo sostiene che in quell’occasione gli è stato anche sequestrato il cellulare e che gli uomini di Hamas «volevano incastrarmi incolpandomi di una violazione morale», per cui hanno mandato messaggi “sconvenienti” a una sua collega. Dai file in possesso del Times, emerge che nella sezione dedicata a come «occuparsi» di lui c’è scritto: «Diffamarlo».
Fra le storie che emergono dai file – che coprono il periodo fra il 2016 e il 2023 – c’è anche una donna pedinata perché sospettata di una relazione extraconiugale con un negoziante, e un invito a sorvegliare dei giovani che partecipavano a non meglio specificate «attività immorali» in un ufficio dell’Olp a Khan Younis. Tra i sorvegliati anche giornalisti stranieri, come la reporter olandese Monique van Hoogstraten, i cui spostamenti sono annotati passo per passo durante una sua visita, nel 2018, a un accampamento di protesta lungo il confine fra Gaza e Israele.
Secondo il file, prima della guerra l’unità aveva un costo mensile di 120.000 dollari e impiegava 856 persone.
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