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La Regione Lazio taglia i centri antiviolenza

La Regione Lazio taglia i centri antiviolenzaIl palazzo della regione Lazio

La giunta regionale del Lazio guidata da Francesco Rocca, quota FdI, taglia sui diritti delle donne. Nonostante gli oltre cento femminicidi di quest’anno, il bilancio regionale in discussione in questi […]

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 16 dicembre 2023

La giunta regionale del Lazio guidata da Francesco Rocca, quota FdI, taglia sui diritti delle donne. Nonostante gli oltre cento femminicidi di quest’anno, il bilancio regionale in discussione in questi giorni va verso una drastica riduzione delle misure a sostegno delle donne e soggettività vittime di violenza patriarcale. Tra i primi bersagli i centri anti-violenza (Cav). Come quello di Cassino chiuso a novembre o quello attivo dentro l’università Roma Tre di Roma, intitolato a Sara di Pietrantonio (uccisa nel 2016 a soli 22 anni).

È nato lo scorso dicembre dall’impegno di diverse realtà femministe, ma l’aspetto finanziario è oggi in mano all’ente regionale per il diritto allo studio. Questo ha avvertito che il Cav può continuare le sue attività fino al 20 del mese corrente. «Poi non è chiaro cosa succederà alle persone che vi trovano rifugio, né a quelle che ci lavorano – spiega Irene, del collettivo universitario Marielle – è una situazione di forte precarietà». Il rinnovo della convenzione dopo un anno di attività non sembra arrivare, nonostante la spinta dell’ateneo. Le realtà femministe romane riconoscono la stessa tendenza che viene dalla Regione Lazio: la rimozione della dimensione politica dei Cav che per natura mettono in atto pratiche femministe e percorsi di uscita dalla spirale della violenza patriarcale.

Secondo le attiviste il centro costa alla giunta circa 60 mila euro l’anno, sufficienti a coprire i costi base. «Servirebbero molti più fondi, ovunque», spiega Irene. La Regione, però, si muove in direzione opposta, con un nuovo bilancio che per la consigliera Eleonora Mattia (Pd) «mortifica le donne». Per misure a sostegno delle donne si passerebbe dallo stanziamento dai 2 milioni e 850 mila euro dell’ex governatore Zingaretti a 420 mila euro nel 2024. Un taglio che pagano i centri antiviolenza e chi ci fa affidamento. «Inoltre i bandi durano troppo poco», prosegue Irene. Anche se i finanziamenti al Cav fossero rinnovati tra dodici mesi scadrebbero ancora, catapultando tutte nell’ennesima situazione d’incertezza.

L’assenza di continuità nei percorsi che aiutano le vittime di violenza di genere e il taglio ai fondi riflettono la mancanza di volontà politica nell’affrontare un fenomeno strutturale che ogni giorno priva più di metà della popolazione della propria libertà, dentro e fuori le università.

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