Un testo di venti pagine che arriva al termine di un lungo percorso partito da una richiesta dei ministri europei. La Commissione europea ha approvato ieri la «raccomandazione sui diritti procedurali delle persone indagate e sospettate tenute in custodia cautelare e sulle condizioni materiali della detenzione». Nella quale è scritto a chiare lettere che gli stati membri devono «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». Gli stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati». Soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza». Arrivando ieri sera a Bruxelles per la riunione che si terrà oggi tra i ministri della giustizia, il Guardasigilli Carlo Nordio ha detto ai giornalisti: «Ridurre la custodia cautelare, come vedete ce lo chiede l’Europa».

Secondo il «non paper» istruttorio della raccomandazione, l’Italia tra i paesi Ue che indicano un limite di durata della custodia prima della condanna definitiva è quello che ha il più lungo, oltre cinque anni, a pari merito con la Romania. Mentre per le tabelle di durata media effettiva della pre-trial detention nel 2020 l’Italia ha superato la durata media europea di custodia cautelare che è di 4,5 mesi, attestandosi a 6,5 mesi, come o peggio di noi solo Bulgaria, Portogallo, Grecia, Ungheria e Slovenia. Il ministro Nordio martedì, presentando le sue linee programmatiche in parlamento, aveva detto che «il paradosso più lacerante è che, tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati».

Nella raccomandazione approvata ieri, la Commissione ha previsto che l’applicazione della custodia cautelare debba essere accompagnata da revisioni periodiche dello strumento per confermare che il suo impiego sia giustificato. Applicando misure alternative alla detenzione appena possibile. La Commissione ha anche stabilito standard minimi di dimensioni per le celle: 6 mq in celle singole e 4 in celle comuni. Aggiungendo che «dove un detenuto abbia a disposizione meno di 3 mq c’è una forte presunzione di violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo». Secondo l’ultimo rapporto di Antigone, nel 25% delle carceri italiane ispezionate lo spazio vitale è inferiore a 3 mq.