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Ddl Sicurezza, le critiche dei tecnici del Senato: ci sono nodi «da chiarire»

Ddl Sicurezza, le critiche dei tecnici del Senato: ci sono  nodi «da chiarire»

Commissione Giustizia intasata, taglio alle audizioni. «Cannabis shop già vietati»: la giustificazione confusa di Mantovano

Pubblicato 23 minuti faEdizione del 2 ottobre 2024

Appena varcata la soglia di Palazzo Madama il ddl Sicurezza vacilla già dal punto di vista tecnico giuridico, messo in crisi dal dossier stilato dal Servizio studi del Senato. Eppure nell’iter intrapreso ieri davanti alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia sono stati ridotti al minimo i tempi riservati alle audizioni degli esperti. Un taglio drastico a cui i relatori hanno trovato subito una giustificazione: colpa della legge sul Fine vita. Per fermare il ddl sul suicidio medicalmente assistito incardinato a Palazzo Madama, infatti, la maggioranza aveva chiesto più di 90 audizioni finendo per intasare la commissione Giustizia. Ora la coperta è troppo corta. Perciò, ha spiegato ieri la relatrice leghista Erika Stefani, «si dovrà mettere a punto un nuovo calendario dei lavori», visto che già per martedì prossimo è prevista una maratona dei senatori della 2° commissione, con 12 audizioni in meno di 6 ore. È molto probabile, dunque, che alla fine su un provvedimento monstre come questo ad essere auditi saranno «non più di 30 tecnici».

In effetti le audizioni servono a ben poco se la maggioranza di governo sa già dove vuole andare a parare. Il sottosegretario Alfredo Mantovano, per esempio, ieri ha spiegato, in commissione Infanzia alla Camera, che «sui cannabis shop c’è un grande equivoco». Questi esercizi commerciali, che sarebbero azzerati se il ddl 1236 diventasse legge, «sono sorti anni dopo l’entrata in vigore di una legge del 2016 che non consentiva in alcun modo a questi negozi di vendere le infiorescenze della canapa, anzi lo vieta espressamente», ha detto. Secondo Mantovano la legge vigente autorizza solo la vendita di prodotti industriali derivanti dalla canapa, e non le infiorescenze di marijuana malgrado sia trascurante il loro contenuto di principio attivo.

Dunque – spiega l’esponente di governo, preoccupato perché «circa il 17% degli studenti tra i 15 e i 17 anni nel corso del 2023 ha riferito di aver fatto uso di cannabis (quella con alto contenuto di Thc, ndr), con valori tornati a prima della pandemia» – con il nuovo pacchetto sicurezza «proviamo a dare applicazione ad una legge che è stata nei fatti disapplicata». Insomma, una gran confusione a base di massime anti scientifiche per giustificare l’ingiustificabile mannaia che si abbatterà su una filiera che in questi anni ha prodotto ricchezza senza arrecare alcun danno alla salute pubblica.
Morale: «Con il governo Meloni gli italiani si drogano di più», chiosano Riccardo Magi e Antonella Soldo di +Europa mettendo in evidenza che se «nel 2023, in piena lotta alla droga “Made in Mantovano”, circa 516 mila studenti, il 34% tra i 15 e i 17 anni, hanno riferito di aver consumato almeno una volta una sostanza illegale», e se «la guerra ideologica alla cannabis condotta da questo governo ha aumentato la concentrazione di Thc al 25% nel 2023», allora si può solo ammettere il «fallimento su tutta la linea». Si dovrebbe, ma è inutile aspettarselo dal governo Meloni.

Evidentemente consapevole di ciò, il M5s chiede aiuto alla Commissione europea, «che è guardiana dei Trattati», affinché intervenga contro il provvedimento che «contiene preoccupati misure che minano la libertà e i diritti democratici dei cittadini», e affinché prenda «misure adeguate per difendere lo stato di diritto e i diritti fondamentali dei cittadini italiani così come fatto contro l’Ungheria di Orban».

Nell’attesa, e mentre anche la Cisl si prepara a scendere in piazza questa mattina a Roma, a Piazza Vidoni, per protestare contro il pacchetto, i tecnici del servizio studi del Senato hanno già bocciato in più punti il ddl Sicurezza con valutazioni inserite in un dossier che rischia di rinviare il provvedimento alle caselle di partenza. Sul reato delle occupazioni, per esempio – fattispecie allargata, tramite un emendamento di Fd’I, all’occupazione delle pertinenze degli immobili – i tecnici di Palazzo Madama invitano a valutare «l’opportunità di coordinare» meglio le disposizioni, non del tutto chiare. Bisognerebbe essere più precisi, secondo il servizio studi, anche sulla detenzione domiciliare per le detenute madri e chiarire se «sia preclusa per il giudice la possibilità di disporre la misura della detenzione domiciliare». Infine, sulle bodycam – che le forze di polizia «possono» utilizzare, secondo l’articolo 21 del ddl – i tecnici chiedono un approfondimento per precisare «a chi competa la scelta in merito all’utilizzo di tali dispositivi».

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