Visti i numeri e l’effetto iconografico di una vera e propria “Presa di Porta Pia” da parte degli operai, è riuscito lo sciopero degli addetti della manutenzione infrastrutture di Rete ferroviaria italiana, protagonisti di un chiassoso corteo che ha toccato il quartier generale del Gruppo Fs, la sede del ministero dei Trasporti e infine la stazione Termini.
L’agitazione è stata indetta dal sindacalismo di base – Usb, Cobas e Assemblea autorganizzata operai manutenzione – contro il recente accordo di settore che, agli occhi dei 500 manifestanti arrivati a Roma da tutta Italia e dei 2.500 operai manutentori firmatari di una lettera/appello di dissenso indirizzata ai sindacati confederali firmatari dell’intesa, deve essere ritirato, riaprendo la discussione con il coinvolgimento dell’intera categoria.

L’adesione allo sciopero è stata alta, hanno fatto sapere soddisfatti Usb, Cobas e Anmf, visto che circa l’80% degli aventi diritto ha incrociato le braccia. L’effetto diretto di un accordo di settore che ha portato “allo smantellamento dei pilastri contrattuali su orari, nastri di lavoro e riposi, giornalieri e settimanali. Così la dirigenza societaria/aziendale ha colto appieno gli obiettivi da tempo perseguiti con l’eliminazione dei vincoli temporali per la programmazione delle prestazioni di lavoro, riducendo la spesa delle remunerazioni. Una vera Caporetto”.
Anche nella lettera/appello si chiede la revoca dell’accordo “in quanto porterà un peggioramento delle condizioni lavorative, già deteriorate dalla sempre maggiore mole di lavoro, in modo particolare durante l’orario notturno, e avrà come risultato la messa a repentaglio delle vite dei lavoratori, come purtroppo abbiamo visto negli ultimi tempi”.

Chiaro il riferimento alla strage operaia di Brandizzo, di fronte ad un accordo “che di fatto dà all’azienda la possibilità di disporre dei lavoratori come meglio crede, programmando turni e spostamenti dei riposi, senza nessun vincolo o limite, con prestazioni di lavoro 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 da decidere con preavvisi minimi e senza consentire una reale conciliazione con le vite private dei lavoratori”.
Agli occhi di chi ha scioperato, l’accordo ha l’obiettivo di contenere i costi del personale, legati alla scarsa organizzazione aziendale. Un problema che dovrebbe essere affrontato agendo sulle cause anziché sugli effetti. “L’infrastruttura infatti dipende principalmente da controlli periodici e lavori programmabili con largo anticipo, niente che non possa essere organizzato senza alterare la circolazione da un lato e i ritmi di lavoro dall’altro”.

Una grande giornata di lotta – chiudono Usb Cobas e Anmf – forse unica nella storia dei lavoratori Rfi. Un’altra tappa di un percorso che vuole riportare sui binari giusti il rispetto del ruolo di manutentore e le tutele per l’orario, la salute e la sicurezza, oltre al diritto alla libera espressione”.