Giorgia Meloni non sta passando il suo momento migliore. Quanto sia nervosa e iper-reattiva è vistoso ed evidente. Sarà anche per questo che ieri, da Parigi, si è imbarcata in un vortice di polemiche che almeno in parte avrebbe potuto evitare: un incontro scontro con il presidente del Cio Thomas Bach, un duello con il presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Bologna Paolo Bolognesi, ex parlamentare del Pd, un incontro con il presidente francese Emmanuel Macron della cui rilevanza palazzo Chigi e l’Eliseo danno versioni diverse.

A innescare lo scambio al vetriolo con Bolognesi è stato lo stesso presidente dei parenti delle vittime. Nel discorso per il quarantaquattresimo anniversario della strage ha sparato a palle incatenate contro il governo. Bolognesi dal palco ha ricordato che secondo le sentenze a organizzare la strage fu la P2, poi ha affermato che la riforma della giustizia varata dal governo è ispirata appunto dal progetto di Licio Gelli. Quindi ha chiuso affermando che «le radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo».

La replica di palazzo Chigi è arrivata a stretto giro ed era nell’ordine delle cose, data la pesantezza delle accuse che la premier definisce «molto gravi». «Sono profondamente e personalmente colpita dagli attacchi ingiustificati e fuori misura che sono stati rivolti, in questa giornata di commemorazione, alla sottoscritta e al governo», scrive Giorgia Meloni e se si fosse fermata qui nessuno avrebbe potuto muoverle alcuna critica. Difficile infatti immaginare che un governo accusato di avere al proprio interno gli eredi dello stragismo faccia finta di niente.

Ma come minimo una sbavatura vittimistica a Giorgia Meloni scappa sempre. Così in questo caso prosegue decisamente fuori dalle righe. Quanto affermato da Bolognesi, dice, «è pericoloso anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione». Bolognesi risponde subito chiedendole di «non fare la vittima».

Prima di incrociare la lama con Paolo Bolognesi la premier, scortata dal presidente del Coni Giovanni Malagò, aveva incontrato il presidente del Cio Thomas Bach e aveva chiesto «chiarimenti» sul caso della pugile algerina Imane Khelif. Bach, diplomatico, ha assicurato che per quanto riguarda le regole il Comitato olimpico resterà in contatto con il governo italiano «per valutare come affrontare la questione per il futuro». Subito dopo, però, il portavoce del Cio Mark Adams ha sparato ad alzo zero contro la «caccia alle streghe»: la risposta a Giorgia Meloni è quella. La vicenda in effetti è finita al centro di un turbine di interessi propagandistici che con lo sport non hanno nulla a che vedere. Partite giocate solo con colpi rigorosamente sotto la cintura in cui la premier si è infilata a testa bassa, anche per prendersi una rivincita su Emmanuel Macron dopo lo sgambetto europeo, finendo però per collezionare solo una pessima figura.

L’incontro con il presidente francese a Versailles, a margine di una gara di equitazione, nella ricostruzione di palazzo Chigi somiglia da vicino a un vero e proprio bilaterale, con al centro temi da far tremare le vene ai polsi: la politica estera, il Medio Oriente, i «dossier principali». L’Eliseo conferma i temi del colloquio ma lo derubrica a una quasi casuale chiacchierata: «Si sono incontrati e hanno parlato in modo informale». In realtà l’incontro era stato preparato da alcuni giorni e la situazione si è rivelata anche più serena del previsto, tanto che il presidente francese se ne è uscito con un franco «per fortuna il clima del G7 è lontano». Tema quasi unico del colloquio, la situazione internazionale: poca Ucraina, molto Medio Oriente, ma soprattutto il Venezuela.

Amici o nemici che siano, il presidente francese e la premier italiana si rendono conto di essere oggi entrambi su un vulcano a forte rischio di eruzione imminente. Su una cosa in questo momento concordano in pieno: la massima preoccupazione per la possibilità di una guerra con l’Iran ma anche, a pari merito, per la situazione a Caracas.