Da sindaco di una città con pesanti infiltrazioni mafiose a sindaco antimafia per eccellenza. In ventiquattro ore o poco più. Antonio Decaro ieri era alla manifestazione romana di Libera per la Giornata della memoria delle vittime di mafia: prima ha ricevuto la benedizione di don Luigi Ciotti, che se l’è abbracciato alla partenza del corteo («Pensa che l’attacco che ha subito  Decaro sia un attacco politico?», ha chiesto poi un cronista al leader di Libera. Risposta: «Certo, basta guardare come si sono mossi certi personaggi. Ma parla la sua storia, la sua vita»), poi si è piazzato nella prima fila del lungo serpentone che dall’Esquilino è sceso fino al Circo Massimo  e, per tutto il tragitto, ha raccolto grandi quantità di applausi e parole d’incoraggiamento. 

L’impressione è che l’arrivo, su palese impulso di Piantedosi, degli ispettori a Bari per verificare se sia il caso o meno di sciogliere il consiglio comunale sull’onda di un’inchiesta sul voto di scambio da 137 arresti fatta dalla Dda pugliese, possa a sorpresa diventare una potentissima arma elettorale e politica per il Campo largo in generale e per lo stesso Decaro in particolare. Così almeno lascia intendere il popolo di Libera, decine di migliaia di persone («Siamo centomila» si è detto a un certo punto dal palco), molti giovanissimi, sindaci con la fascia tricolore – tra cui Gualtieri -, preti, tanta cosiddetta «società civile» di vario ordine e grado. E il segretario della Cgil Maurizio Landini, pure lui in prima fila: «Siamo al fianco di Decaro ed esprimiamo a nome di tutti i nostri iscritti e credo dei lavoratori di Bari il massimo della solidarietà e del sostegno per la battaglia che ha fatto per contrastare le mafie». All’altezza del Colosseo si è fatto vedere anche Giuseppe Conte, accompagnato dal senatore ed ex magistrato palermitano Roberto Scarpinato. Il leader pentastellato ha espresso il suo sostanziale appoggio a Decaro, sia pure con i distinguo che già nelle ore precedenti avevano espresso altri grillini: «Sicuramente la modalità con cui è stato sollecitato il ministro dell’interno, con uno schieramento di sottosegretari e parlamentari di centrodestra, è un chiaro attacco politico». Ma, fatta salva la scontata solidarietà, «credo che, documenti alla mano, non avrà difficoltà a testimoniare alla commissione tutto l’operato e le ragioni che ha anticipato e che lo spingono a ritenere fuori luogo la prospettiva di scioglimento ipotizzato». Questo perché «secondo noi il Comune deve essere un palazzo di vetro». È il catechismo a cinque stelle, abbastanza limpido nelle intenzioni ma comunque spesso foriero di guai: l’inchiesta di Perugia sui presunti dossieraggi, in fondo, parla proprio del momento in cui i buoni propositi di trasparenza si trasformano in manie quasi distopiche di controllo totale. Ma è un altro discorso. Forse. 

Il sostegno, insomma c’è. E forse far passare Decaro per un personaggio poco limpido è un’operazione forse sin troppo complicata. Sia per la sua storia personale (è sotto scorta ormai da 9 anni perché minacciato dalla criminalità organizzata) sia perché ieri Libera, cioè l’associazione che piaccia o no è l’antimafia reale, quella percepita come tale dal paese, lo ha eletto tra i suoi beniamini. Le parole di don Ciotti dal palco sono state più che eloquenti in questo senso: «Vorrei abbracciare un sindaco: grazie per il servizio che fate per il bene comune, per questo impegno per una politica impastata di eticità. Ma ne cito uno, un galantuomo che ha lottato sempre contro le mafie: è il sindaco di Bari Antonio Decaro. Occhio alle speculazioni perché c’è sempre chi deve speculare e approfittare, cavalcare. Tocca a noi difendere gli onesti». Nel mentre, dietro al palco, Schlein, Conte, Fratoianni si scambiavano strette di mano, abbracci e cordialità, con tanto di selfie finale in compagnia di un frate francescano di passaggio. In ultimo il piccolo capannello è stato raggiunto da Decaro, accolto come l’uomo del giorno.

Nel pomeriggio il sindaco ha anche partecipato a un seminario di Libera, e lì è tornato a parlare dopo la conferenza stampa di mercoledì. «Non è il momento delle polemiche, per me non lo è mai stato», ha premesso prima di passare all’attacco: «Però ho dovuto dire che per un ente locale è inquietante vedere un gruppo di parlamentari del centrodestra che vanno nella stanza del ministro, fanno una fotografia e comunicano di aver chiesto al ministro di nominare una commissione per poter sciogliere il consiglio comunale di Bari, magari omettendo di dire allo stesso ministro che il consigliere comunale che era stato arrestato era stato eletto nelle file del centrodestra, non nella mia parte politica». Sulla «parte politica» ci sarebbe di che riflettere: il campo largo fatica a nascere sui territori, tra litigi e reciproci sospetti, ma la maldestra offensiva istituzionale della destra a Bari potrebbe essere d’aiuto.