La «pace» israelo-americana: Libano senza sovranità
Medio Oriente L'inviato Usa Hochstein ha presentato una proposta già rifiutata, una cessione di sovranità a Israele in cambio di «una nuova era di prosperità». A fronte di oltre 2.300 morti e 750mila sfollati interni, Washington e Tel Aviv Usa e Israele hanno lo stesso obiettivo: la supremazia israeliana sul paese dei cedri
Medio Oriente L'inviato Usa Hochstein ha presentato una proposta già rifiutata, una cessione di sovranità a Israele in cambio di «una nuova era di prosperità». A fronte di oltre 2.300 morti e 750mila sfollati interni, Washington e Tel Aviv Usa e Israele hanno lo stesso obiettivo: la supremazia israeliana sul paese dei cedri
Nel 2002, il presidente francese Chirac invitò Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah assassinato da Israele il 26 settembre, al Summit della Francofonia che si teneva a Beirut. Nasrallah partecipò all’evento in prima fila accanto alle più alte cariche spirituali del paese. L’invito provocò non pochi malumori nei circoli neocon di Washington e Tel Aviv ma ci offre, a 22 anni di distanza, un’immagine della comunità internazionale assai diversa da quella che oggi ha relegato Hezbollah al ruolo di «villano» del Libano.
Cosa è cambiato da allora? Hezbollah ha incrementato la sua capacità di difendere il confine meridionale: dato evidente se pensiamo che, a quasi un mese dall’inizio dell’annunciata invasione di terra israeliana, sta tenendo testa all’invasore, nonostante l’attacco israeliano a trappole esplosive nei cercapersone e walkie talkie del 17-18 settembre. L’attacco mirava a mettere fuori gioco Hezbollah per permettere un’invasione del Libano rapida e a basso costo.
MA MENTRE l’aviazione israeliana bombarda a tappeto i civili e le infrastrutture civili di Beirut e altre aree del Libano, le sue forze di terra sono bloccate. Hezbollah ha respinto molteplici tentativi di penetrazione, mentre le Idf si sono spinte fino a pochi km dal confine, facendo saltare per aria villaggi non direttamente legati a Hezbollah e attaccando le basi di Unifil dispiegate lungo la Blue Line, confine provvisorio tra Israele e Libano, ferendo alcuni caschi blu, distruggendo le torri di controllo e bloccando l’approvvigionamento di uno dei contingenti.
Ma la forza di Hezbollah non è il motore di questa guerra – la più crudele che Israele e Stati uniti abbiano inflitto alla popolazione civile libanese: l’obiettivo è correggere il clamoroso fallimento del progetto americano-israeliano di «terroristificare» Hezbollah, sopprimendo qualsiasi altra voce internazionale (a partire da quella francese) tradizionalmente più aperta a un riconoscimento del movimento.
Diversamente dalle amministrazioni precedenti, l’amministrazione Biden è determinata ad avallare la distruzione di ogni forma di resistenza libanese (Hezbollah, nato nel 1982, è solo l’ultima di una lunga serie storica), anche a costo di obliterare lo stato e la società libanese, di erodere l’egemonia statunitense sul sistema internazionale, e perfino a danno degli alleati europei, come la Francia, che ha molto da perdere dalla devastazione del Libano.
È importante rammentare che, se Israele e Usa hanno designato Hezbollah come terrorista rispettivamente nel 1989 e nel 1997, la maggior parte degli stati sotto influenza americana ha fatto concessioni a questa designazione solo di recente. Dal 2003, gli Usa hanno fatto forti pressioni sugli alleati europei. L’Unione Europea ha designato nel 2013 l’ala militare – non quella politica – di Hezbollah come terrorista. Molti stati europei, tra cui l’Italia, mantengono tuttora questa distinzione.
E persino quelli più vicini a Israele, come Regno unito e Germania, hanno bollato tutta l’organizzazione – sia ala politica che militare – come terrorista solo tra il 2019 e 2020. Nel 2017 la Lega Araba, sotto l’egemonia degli stati del Golfo – nella fase preliminare del progetto americano di «normalizzare» Israele nel mondo arabo con i cosiddetti Accordi di Abramo – aveva designato Hezbollah come terrorista, per poi ricredersi.
È IN QUESTO quadro che si inserisce la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 1701 del 2006 che prevede il ridispiegamento dell’esercito libanese sotto il fiume Litani, la confisca di «armi illegali» e la demarcazione del confine tra Israele e Libano. Se l’obiettivo esplicito era «rafforzare la sovranità del Libano», quello implicito di Usa e Israele era controllare le istituzioni libanesi attraverso alcuni partiti libanesi, per spingere l’esercito a disarmare Hezbollah.
Il tentativo di controllo americano sul Libano, tuttavia, si scontrava allora come oggi con il fatto che Hezbollah è parte del governo libanese, delle sue istituzioni e che i suoi alleati (di varie confessioni) non lo percepiscono come nemico della sovranità, ma parte della sua strategia di difesa e – in assenza di un esercito forte – come l’unica protezione contro le velleità israeliane di rioccupare il sud del Libano.
La 1701 è stata violata sin dal primo giorno della sua implementazione, non solo da Hezbollah che in realtà è riapparso in modo evidente sotto il fiume Litani solo dopo il 7 ottobre 2023, ma anche da Israele che dal 2007 ha violato lo spazio aereo libanese 22.355 volte, terrorizzando la popolazione civile.
Il 21 ottobre, l’ex soldato israeliano Amos Hochstein, ora nel ruolo di “mediatore” americano, ha detto da Beirut che la 1701 «non è più sufficiente» a mantenere la pace, preoccupato tuttavia solo per le violazioni libanesi della risoluzione.
Hochstein ha presentato al Libano una proposta che il governo di Beirut ha già fragorosamente rifiutato e che, secondo indiscrezioni, è stata dettata da Israele. Tel Aviv tollererebbe Unifil al confine solo a condizione che i caschi blu, non l’esercito libanese, siano responsabili della confisca delle armi, riservandosi il diritto di fare incursioni a suo piacimento in territorio libanese.
INSOMMA una cessione della sovranità, in cambio di quella che Hochstein, senza riuscire a contenere il ghigno nel citare «la sofferenza del popolo libanese», ha definito «una nuova era di prosperità»: termine più volgare che assurdo, a fronte di oltre 2.300 morti, 1.800 feriti, 750mila sfollati interni e danni alle infrastrutture civili per diversi miliardi di dollari ad appena un mese dall’inizio dei bombardamenti israeliani, in un paese già travagliato da 5 anni di crisi finanziaria, politica e sociale.
Usa e Israele hanno lo stesso obiettivo: la supremazia israeliana sul Libano, il che comporta eliminare ogni ostacolo alla sua realizzazione. Hezbollah è il principale ostacolo. Ma dato che Hezbollah è un movimento popolare inserito nel sistema politico libanese e non un’organizzazione aliena alla società, il target di Israele è oggi l’intero sistema politico e l’intera società libanese.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento