La Nuova via della Seta 2.0
Cina È iniziato a Pechino il 2° summit del progetto cinese. La parola d’ordine è «ribilanciamento». La Cina prova a rassicurare gli scettici sui rischi in tema di trasparenza e «trappola del debito»
Cina È iniziato a Pechino il 2° summit del progetto cinese. La parola d’ordine è «ribilanciamento». La Cina prova a rassicurare gli scettici sui rischi in tema di trasparenza e «trappola del debito»
È in corso da ieri a Pechino il secondo summit della Nuova via della Seta (Belt and Road Initiative nella sua sigla internazionale), il progetto mondiale guidato da Pechino nel quale è sostanzialmente coinvolto tutto il mondo. Tra i partecipanti anche Giuseppe Conte (giunto da solo e senza il seguito aziendale che era previsto) e svariati capi di stato a rappresentare centinaia di paesi. Quando la Bri venne presentata ufficialmente – due anni fa con un analogo forum nella capitale cinese, benché il presidente cinese Xi Jinping ne avesse già parlato nel 2013 – fu definita «il progetto di infrastrutture e connessioni più grande mai attuato nella storia dell’umanità».
NEL CORSO DI QUESTI DUE ANNI la Bri ha ottenuto importanti successi e si è completata con alcuni organi di natura economico-finanziaria, per quanto la Cina non ami definire la Aiib (la banca di investimenti asiatici creata ad hoc) «il braccio economico» della nuova via della Seta. Insieme all’Aiib c’è anche il Silk Road Fund.
Si è discusso e detto molto su questo progetto: un tentativo egemonico da parte di Pechino, una nuova idea di ordine mondiale a guida cinese, la globalizzazione con caratteristiche cinesi. In generale si è sottolineato il carattere di natura geopolitica del progetto di Pechino, considerando che in gran parte si tratta di una fitta rete di infrastrutture, porti, pipeline e ferrovie, in grado di provvedere ad alcuni presupposti fondamentali per la Cina: consentire la circolazione più rapida delle merci, permettere alla Cina di scovare nuovi mercati per il surplus manifatturiero, controllare gli snodi più importanti delle rotte, tanto terresti quanto marittime.
SECONDO LA CINA si tratta di un progetto «win-win», a disposizione di tutti e senza alcuna volontà egemonica da parte cinese.
Ben presto, del resto, il progetto ha superato ampiamente i «confini» iniziali, finendo per porre sotto il cappello della Nuova via della seta anche investimenti e accordi in Africa e America Latina.
[do action=”citazione”]Insieme al dilatare di questa rete mondiale commerciale, sono cominciati anche a sorgere alcuni problemi: Pechino ha potuto così apprendere che la propria presenza – soprattutto in alcuni paesi asiatici – ha sollevato diverse problematiche, dando vita a ribaltamenti politici che hanno finito per mettere in discussione gli accordi sottoscritti.[/do]
GLI ESEMPI PIÙ PRECISI in questo senso sono quelli del Myanmar, del Pakistan e della Malaysia: accordi sottoscritti ma poi rivisti alla luce di cambi di governo e delle rinnovate volontà nazionali per ridefinire i contorni economici. Si è così cominciato a discutere della cosiddetta «trappola del debito» e di manovre poco «trasparenti» da parte di Pechino.
QUESTO SECONDO FORUM punta a presentare il progetto sotto altre ottiche, di diversa natura rispetto al passato. Le ragioni sono molte, ma partono tutte da una prima considerazione. La Cina è in una fase interna piuttosto complicata, perché rallenta l’economia e l’accentramento di potere di Xi e del suo gruppo (tutti funzionari che hanno collaborato con lui nel corso della sua carriera) comporta problematiche nuove per la dirigenza cinese. Ma è indubbia la capacità di Pechino di annusare alcune diffidenze e provvedere subito a riadattarsi alla situazione.
[do action=”citazione”]Ecco allora che si parla di «ribilanciamento» del progetto della Nuova via della seta, un termine che esprime una minima rivisitazione del piano, con Pechino forse più cauta in futuro ad allargare la propria influenza, o quanto meno a inserire all’interno della Nuova via della seta qualsiasi progetto che la veda protagonista, in qualsiasi parte del mondo.[/do]
Allo stesso tempo questa «ricalibrazione» della Bri sembra una risposta per chi ancora nutre dubbi, legittimi, sulla natura del progetto. La Cina in queste situazioni dimostra straordinaria capacità di modificare i piani in corsa e di farlo velocemente, indubbiamente favorita dalla propria natura politica, con un partito comunista solitario e bel saldo nel controllo totale del paese.
Ma questa ridefinizione dei contorni del progetto, dovrebbe anche favorire Pechino, di recente infastidita dal tentativo di tanti paesi di legittimare propri piani sotto l’insegna della Bri.
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