«La nostra ricetta funziona benissimo, ma farla conoscere è molto difficile»
L’esperienza del Centro di cottura solare nasce a Castelfranco Veneto nel 2022 quando Davide Milani viene invitato a organizzare un corso di autocostruzione. Una passione per la cucina solare, la sua, iniziata oltre 30 anni fa da adolescente, con esperimenti improvvisati ispirati dagli specchi di Archimede e ripresa da adulto, a partire dal 2009.
Come funziona il Centro?
Siamo tutti volontari. Il gruppo attivo è costituito da me, Sandra, Valentina, Sara, Maria Alessandra, Silvia, attive fin dall’inizio. Dopo una parte teorica, i forni vengono costruiti, i corsisti lavorano a due a due; non va via nessuno finché non hanno finito tutti. Siamo stati forse i primi in Italia a mandare a casa ogni corsista con il modello pronto all’uso, e con l’obbligo di mandare la foto della prima cottura. Abbiamo poi tre gruppi su Telegram, anche un gruppo «di passaggio» per i freschi corsisti e un ricettario, sperimentato.
Quante persone avete coinvolto?
Ogni corso aveva fra i 25 e i 35 corsisti, per un totale di 365 persone. Le prime volte ci siamo fatti conoscere con il volantinaggio, poi ha funzionato il passaparola da parte di chi aveva frequentato.
Quali tipi di modelli avete scelto per i corsi?
Per la semplicità d’uso e di costruzione il Kimono inventato da Matteo Muccioli, nella sua variante «maggiorata» che può fungere da essiccatore. Questo modello «panel» (a pannelli) ha il vantaggio che, una volta ben orientato, non richiede di sorvegliare la cottura. Comunque i forni e fornelli solari sono tantissimi e si possono costruire anche con materiali economici. Molto importante, poi, è il cosiddetto «dispositivo di cottura» formato, nel caso del Kimono, dal «ricevitore» in vetro che crea l’effetto serra e dalla pentola che per tutti i forni «panel» deve essere nera, tipo le teglie. Un forno box o la parabola invece cucinano anche con pentole non nere.
E’ ipotizzabile una cottura solare comunitaria, come per il pane un tempo?
In modo informale succede già: i vicini che ti vedono armeggiare e chiedono se possono «infornare» da te. Comunque alcune persone che intendevano organizzare eco-villaggi in borghi disabitati mi hanno interpellato. Occorre in quel caso un capiente forno box ben isolato; ne esistono anche di autocostruibili lunghi due o tre metri – vengono utilizzati in India e in Africa. Certo, per la legge della termodinamica, se nella camera di cottura si inseriscono pentole contenenti menù diversi, ci vorranno alcuni accorgimenti. Ma se a ogni infornata si cuociono gli stessi cibi, studiando bene la macchina termica – è infatti una macchina termica a tutti gli effetti – non ci sono problemi.
Quali ostacoli a una massiccia diffusione della cucina solare nei suoi diversi modelli?
Nel nostro caso, dopo il boom abbiamo meno richieste. E soprattutto occorrono volontari stabili, per gestire un corso. Quanto alla cucina solare in generale, bisogna farla conoscere di più, informare meglio, anche per evitare che a diffondersi siano «bufale» dell’influencer di turno, o l’idea diffusa che con questi dispositivi si possano cucinare solo alcuni alimenti e non tutti. Un altro ostacolo è la…burocrazia. Per diffondere l’idea sarebbe per esempio utile organizzare happening di cottura e assaggio dove ciascuno arriva con il proprio forno e cucina i propri cibi; ma nelle aree pic-nic, ad esempio, per l’assenza di bagni non è permesso; anche in spiaggia ci sono problemi (non per i falò, invece). Durante eventi di altro tipo è difficile riuscire ad ottenere spazi a causa dello scetticismo delle persone verso la cucina solare: malgrado la sua lunga storia.
E le scuole?
Sarebbero importante. In un istituto tecnico di Castelfranco avremmo dovuto condurre un corso in agosto; purtroppo hanno avuto danni ingenti per l’alluvione.
Ha costruito qualche forno per uso personale?
Sì, il Gengha che è un barbecue solare e il modello Elisa: ad alta potenza ma semplice da usare, con le prestazioni di un fornello «panel» ma la capienza e versatilità di un forno box, e in grado di cuocere perfino con un cielo velato. E’ però complicato da costruire, e costoso se si usano materiali nuovi anziché di recupero come ho fatto io.
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