Internazionale

La ministra Belarra: «Bibi all’Aia». Scontro tra Madrid e Tel Aviv

Benjamin Netanyahu, foto ApBenjamin Netanyahu – Ap

Spagna Dopo le parole della rappresentante di Podemos, si apre l'incidente diplomatico, poi rientrato. Ma il governo Sánchez mantiene la sua linea: condanna ad Hamas ma pressioni su Israele perché rispetti il diritto internazionale

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 18 ottobre 2023

«Il governo spagnolo rifiuta nettamente le falsità contenute nel comunicato dell’Ambasciata d’Israele su alcuni dei suoi componenti e non accetta insinuazioni infondate sul loro conto»: con queste parole rispondeva lunedì sera il ministro degli esteri spagnolo José Manuel Albares, alle accuse rivolte dalla delegazione diplomatica a «elementi del governo» di essere allineati con Hamas, sulla base di alcune loro dichiarazioni considerate «vergognose». Prima di emettere il comunicato, il ministro si era rivolto all’ambasciatrice israeliana Rodica Radian-Gordon, manifestandole il suo «profondo dispiacere» per un gesto considerato «provocatorio».

Un infortunio diplomatico ormai risolto, un «incidente puntuale», come lo definiva il giorno dopo il ministro, nella conferenza stampa successiva all’ordinaria riunione di governo. Le accuse di Israele non si riferivano a nessuna persona o partito in particolare del governo, ma è certo che in causa ci fosse la richiesta di Ione Belarra, ministra dei diritti sociali e segretaria generale di Podemos, di portare Benyamin Netanyahu davanti alla Corte penale internazionale per crimini di guerra, di fronte al «tentativo di genocidio che lo Stato d’Israele sta portando a termine a Gaza». In risposta all’ambasciata, la ministra affermava che «denunciare questo genocidio non è “allinearsi ad Hamas”, è un obbligo democratico».

PODEMOS ha fin qui evitato di condannare esplicitamente l’azione terrorista perpetrata da Hamas lo scorso 7 ottobre, limitandosi a sottolineare la sofferenza delle popolazioni civili nel conflitto. La direzione di Izquierda Unida ha inviato una lettera al ministro degli esteri spagnolo chiedendo che «la Spagna guidi all’interno della Ue una posizione di condanna degli attacchi israeliani, garantisca gli aiuti comunitari e scommetta sulla libertà del popolo palestinese».

Sumar, la formazione guidata da Yolanda Díaz, vicepresidente del governo spagnolo, Podemos e Izquierda Unida hanno partecipato domenica scorsa alla manifestazione che ha percorso le vie di Madrid, a sostegno del popolo palestinese. Sumar è riuscita a definire una posizione unitaria tra tutti i partiti che ne fanno parte, condannando gli «attacchi di terrore» contro la popolazione civile commessi da Hamas e i «crimini contro la popolazione civile commessi da Israele».

La dichiarazione che proporrà al Congresso chiede «un cessate il fuoco che permetta la liberazione degli ostaggi» e «la fine immediata dell’assedio e del bombardamento da parte dello Stato d’Israele contro la popolazione civile di Gaza, contrari al diritto internazionale umanitario».

LA POSIZIONE ufficiale che l’esecutivo spagnolo, presidente di turno della Ue, ha mantenuto fin dall’inizio, spingendo perché fosse assunta a livello europeo, è di condanna dell’attacco a Israele da parte di Hamas considerata organizzazione terrorista, di richiesta della liberazione degli ostaggi, di compianto per le vittime civili e di riconoscimento del diritto di Israele a difendersi, nel rispetto però del diritto internazionale umanitario, distinguendo tra obiettivi terroristi e popolazione palestinese a cui garantire la somministrazione dei servizi di base, come l’acqua e la luce.

Tutto questo avviene in Spagna, mentre Pedro Sánchez prova a mettere insieme una maggioranza per ricreare un nuovo governo di coalizione progressista, con l’opposizione già in piazza da un mese. Il ministro Albares diceva ieri che è normale in coalizione avere posizioni differenti, specie su temi tanto sensibili. Ma sottolineava che sono solo due le persone legittimate a rappresentare la posizione del governo in materia internazionale: il ministro degli esteri e il suo presidente.

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