Volokolamsk, è una cittadina di 20mila abitanti a 100 chilometri da Mosca. Un’oretta di trenino, di elektricky nello slang russo. Qui nella mattinata del 21 marzo si è sprigionato un insopportabile fetore.

E dopo un paio d’ore, decine di cittadini tra cui 57 bambini sono stati ricoverati con sintomi di vomito, giramenti di testa e perdita di sangue dal naso. Gli abitanti sanno benissimo quello che stava succedendo: il vento e la giornata tiepida avevano trasportato fino in città i gas che provengono dalla discarica di spazzatura a cielo aperto che si trova solo a qualche chilometro dalla città. Dall’inizio dell’anno in migliaia stanno lottando perché venga chiusa, ma le autorità provinciali hanno sempre fatto spallucce: «la discarica è sicura e non presenta problemi dal punto di vista ecologico» hanno rassicurato.

UOMINI, DONNE, BAMBINI lasciano i bianchi palazzoni di epoca brezneviana in cui vivono e scendono in strada. Si discute, si urla, ci si dispera. Da Mosca arriva un autobus con una brigata di 12 medici, perché il piccolo ospedale cittadino è ormai in tilt.

Nel tardo pomeriggio, buon ultimo, arriva il governatore della provincia di Mosca Andrey Vorobiov, putiniano di ferro. La folla esplode, circonda lui e i funzionari. «Vergogna! Vergogna!» urlano tutti. Quando cerca di giustificarsi con tono altero si becca anche un paio di sberle. In un video, diventato subito virale, una bimba in un cappottino rosa si avvicina al governatore e portando due dita alla gola gli fa segno che meriterebbe di passare a miglior vita. La polizia consiglia all’amministratore di ritirarsi prima che non possano più garantirgli l’incolumità. Fradicio di sputi, risale sulla sua Audi nera e torna a Mosca. La polizia ha evitato ogni tipo di approccio aggressivo, annusando che con gente così inferocita, le cose avrebbero potuto degenerare.

Il giorno seguente, quando arriviamo, nella piazza antistante l’ospedale c’è assemblea permanente. Stamane, si può proprio dire grazie al cielo, pioviggina e il fetore è scomparso. «È passato quasi un giorno – urla una signora nel microfono – e le autorità non sanno dirci qual è la sostanza che ci avvelena». In realtà qualcosa sanno perché nel pomeriggio precedente l’ex candidata alla presidenza Xenia Sobcak ha fatto in tutta fretta analizzare dei campioni di acqua da cui risulta che c’è una presenza di derivati del metallo superiori 10 volte alla norma, una concentrazione di arsenico di 16 superiore al consentito e di 67 volte di idrogeno solforato. Le 400-500 persone raccolte in questa piazza sono arrabbiate – per usare un eufemismo – ma decise.

SI VOTA per tenere due presidi sotto l’amministrazione provinciale nel week-end. Altre decisioni vengono prese da un comitato più ristretto, come mi spiega il giovane barbuto Sergey, perché si tratta di azioni formalmente illegali. Yulia 36 anni è tra la madri che ha il figlio in ospedale. Fa la cassiera in un minimarket. «Non siamo gli unici in questa situazione, nella provincia di Mosca ci sono altre 5 discariche come queste» ci spiega.

Le facce di questa gente del comitato non somigliano a quelle degli agitatori di professione: si tratta perlopiù di operai che lavorano nelle fabbriche della zona.

SI ERA RIVOLTA persino al giudice distrettuale, perché chiudesse la discarica. «Ma il giudice – dice Sergey – ha respinto la richiesta e ha comminato solo una multa alla società che gestisce la discarica di 150mila rubli per aver violato le norme sanitarie». La spazzatura è un business del resto, a tutte le latitudini del pianeta.

I telegiornali dei canali televisivi nazionali minimizzano l’accaduto. Sul primo canale un breve servizio e poi le notizie sportive. Sembra così lontana da qui la piazza festante del Maneggio nella notte della rielezione di Putin, Dappertutto invece i segni della miseria: alcoolisti che fermano aggressivamente i passanti per un’elemosina, strade dissestate, caseggiati popolari che avrebbero bisogno di una rinfrescata delle facciate.

NEL POMERIGGIO RITORNA il fetore, la gente corre a blindarsi in casa. In serata si saprà che altre 20 persone sono finite al pronto soccorso. Infine giunge la notizia che per ora la discarica resta aperta almeno altri 20 giorni. Quando ce ne andiamo sta facendo buio, neppure in stazione non c’è nessuno ad aspettare il treno per Mosca.

Poi nei giorni successivi la lotta si allarga. A Kolomna e Klinsky si bloccano le strade: «Dal 2016 non riusciamo più a respirare e lacrimano sempre gli occhi» racconta una giovane madre a Kommersant.

Contro gli inceneritori entrano in lotta a Tuckovo e Tarusa. E l’onda cresce, inarrestabile. Blocchi e presidi anche a Voskreseniya, Noginsk, Naro-Fominsk dove gli inceneritori sono solo in costruzione. I comitati decidono una manifestazione popolare a Mosca per il 7 aprile. Ormai il problema non è più neppure il governatore provinciale, il problema è diventato politico.

L’altro ieri, infine, il ministero della sanità spedisce a Volokolamsk una prima partita di maschere antigas, ma sostiene che «la situazione è sotto controllo». La gente occupa spontaneamente la piazza centrale della città, arrivano in tanti anche dagli altri siti. A sera si contano 10 forse 12mila persone. «La prossima mossa del governo – urla un giovane nel megafono – è farci evacuare! Ma noi non ce andiamo. Chiudano quella vergogna, invece!»

Già perché la gente teme che con l’evacuazione gli sciacalli possano entrare in azione e portare via quel poco che hanno, spesso comprato a rate: le lavatrici tedesche, le tv al plasma, i micro-onde. Russia, Volokolamsk, 10 giorni dopo l’incoronazione di «Zar Vladimir».