Europa

La locomotiva deraglia, Germania in recessione

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il ministro delle Finanze Christian Lindner foto ApIl cancelliere tedesco Olaf Scholz e il ministro delle Finanze Christian Lindner – foto Ap

Economia Secondo trimestre consecutivo con il segno meno, colpa del binomio fra crisi energetica e guerra quanto dell’inflazione

Pubblicato più di un anno faEdizione del 26 maggio 2023

Il peggior incubo della Germania si trasforma di nuovo in realtà. Per la seconda volta dalla pandemia la locomotiva dell’Europa sprofonda nella recessione tecnica, come ha confermato ieri l’Istituto federale di Statistica (Destatis) dopo avere registrato il secondo trimestre consecutivo con il segno meno dell’economia tedesca. «L’inverno mite, il rimbalzo delle attività industriali favorito dalla riapertura del mercato cinese e l’allentamento dei nodi nella catena di approvvigionamento non sono stati sufficienti a far uscire la Germania dalla decrescita» puntualizza Ruth Brand, presidente di Destatis.

Come se non bastasse «a peggiorare ulteriormente la situazione sono le prospettive da qui alla fine dell’anno, tutt’altro che rosee». Altra pessima notizia per il governo Scholz: appena lo scorso dicembre immaginava di dover far fronte “solamente” al problema della crescita zero.

COLPA DEL BINOMIO fra crisi energetica e guerra in Ucraina che ha inginocchiato il made in Germany oltre ogni fosca previsione, quanto dell’inflazione (altra storica ossessione nazionale) rilevata «in leggero rallentamento» ma pur sempre schizzata a più 7,2% su base annua. Come degli stratosferici tassi di interesse fissati all’Eurotower di Francoforte dalla presidente Bce Christine Lagarde: hanno dato il colpo di grazia a ogni margine di ripresa della Germania nel breve periodo.
Fuori dai punti percentuali, nella vita reale delle persone, la traduzione è che «negli ultimi tre mesi i tedeschi hanno speso molto meno per cibo, bevande, abbigliamento, scarpe e mobili rispetto al trimestre precedente. Ma hanno anche acquistato poche automobili nuove a causa della fine dei sussidi governativi alla fine del 2022. In parallelo nello stesso periodo è crollata la spesa pubblica» è l’analisi della Deutsche Welle che non manca di ricordare come né l’aumento degli investimenti tra gennaio e marzo né il rimbalzo del settore edilizio sono bastati a pareggiare i conti della prima economia europea.

COSÌ LA LOCOMOTIVA è uscita ancora dai binari della crescita, esattamente come nel 2020, anche se questa volta più che un breve svio somiglia a un lungo deragliamento.

«Dopo che la crescita del Pil era già scivolata sotto lo zero al termine dello scorso anno l’economia tedesca ha fatto registrare due trimestri negativi uno di seguito all’altro, entrando ufficialmente in recensione tecnica – riassume l’ente statistico – Una volta depurato dagli effetti stagionali e dei prezzi, il Pil della Germania risulta calato dello 0,3% nell’ultimo trimestre». Con buona pace delle stime preliminari di tre settimane fa secondo cui Berlino avrebbe evitato «per un soffio» la retromarcia industriale. Ogni ottimistica previsione è stata smontata dal flop della produzione che a marzo è crollata a causa della pessima performance del comparto automobilistico, il cuore del sistema-Paese.

RISULTATO: negli ultimi tre mesi i consumi delle famiglie tedesche sono diminuiti dell’1,2% rispetto al trimestre precedente e, sebbene il vortice inflazionistico si sia attenuato rispetto ai picchi dei mesi scorsi, «i consumatori hanno comunque visto erodere non poco il loro potere d’acquisto innescando il calo della domanda».

L’ennesima prova che la Germania non è investita dalla famigerata spirale salari-prezzi bensì dalla reazione a catena dovuta alla mancanza di soldi da spendere da parte dei cittadini consapevoli delle zero prospettive di miglioramento certificate da Destatis.

«NON CI SARÀ una forte ripresa, nemmeno in estate, neppure il prossimo autunno. “Cupo”: e “nessuno sviluppo in vista” sono i commenti dei nostri economisti» è il requiem tedesco suonato sulle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Mentre le raffinate analisi finanziarie degli autorevoli esperti sono state sostituite dai semplici “conti della serva”.

«Siccome un panino costa ormai oltre 3 euro e anche gli altri beni sono alle stelle, i tedeschi tengono banalmente da parte i loro risparmi. Da una parte il calo dei consumi rallenta l’economia; dall’altra l’aumento del costo del denaro intacca le speranze per il futuro. Basta guardare il settore delle costruzioni. Sta esaurendo gli ordini dopo anni di affari d’oro».

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