Fratelli d’Italia prova a espugnare Bagnoli, l’ex quartiere operaio diventato grillino
Verso il voto Giorgia Meloni chiude a Napoli la campagna elettorale. Il competitor Enrico Letta si affida al governatore De Luca per arginare in Campania i 5S e il centrodestra
Verso il voto Giorgia Meloni chiude a Napoli la campagna elettorale. Il competitor Enrico Letta si affida al governatore De Luca per arginare in Campania i 5S e il centrodestra
La vittoria della destra viene annunciata da settimane, il clima a Napoli viene segnato dall’apparizione delle svastiche: la notte tra sabato e domenica qualcuno ha forzato il portone dell’ex Asilo Filangieri e ha imbrattato le pareti con il simbolo nazista: «Un atto dalla chiara identità politica, incostituzionale, e dall’evidente connotazione razzista e neofascista. Un gesto violento a riprova della complessità del momento che viviamo» è la denuncia delle comunità che abitano lo spazio, inserito tra i beni comuni a gestione collettiva dalla giunta de Magistris.
La città è amministrata da sindaci collocati nel centrosinistra, seppure in modo diverso, dal 1993. Giorgia Meloni aveva deciso di tenersene alla larga ma a Caserta ha ufficializzato la tappa partenopea proprio in chiusura di campagna elettorale: venerdì pomeriggio all’Arenile di Bagnoli. La decisione è significativa sotto tre aspetti. Il primo riguarda il centrodestra. In Campania le acque sono agitate. La Lega non sfonda, Forza Italia è alle prese con la fuga di un pezzo di classe dirigente verso il Terzo polo: prima Mara Carfagna e poi il gruppo vicino a Luigi Cesaro. Ieri FdI ha annunciato l’adesione di 9 ex quadri azzurri, un modo per recuperare parte dell’area Cesaro in rotta con Fi.
Anche FdI ha le sue grane interne: in città era forte l’influenza di Marco Nonno ma la condanna per gli scontri di Pianura durante la crisi rifiuti ha fatto scattare la legge Severino. L’unico consigliere comunale di Napoli, Giorgio Longobardi, è stato sospeso ad agosto dal partito per aver pubblicato un post in cui «compaiono inammissibili richiami al dramma dell’Olocausto». Non venire, però, avrebbe significato da parte di Meloni la delegittimazione della classe politica cittadina a partire dal nuovo coordinatore partenopeo, Sergio Rastrelli, e dalla candidata alle politiche Marta Schifone, entrambi figli di pezzi da novanta dell’Msi.
E poi c’è la location. A differenza di Caserta, la manifestazione non è in piazza ma in un locale, con gli ingressi regolati: nessun dissenso ammesso, soprattutto a favore di telecamere. Il luogo scelto, poi, è in un quartiere simbolo della sinistra, Bagnoli. Ex rione operaio, il tessuto produttivo è stato spazzato via negli anni Novanta dalla chiusura dell’Italsider. Da allora la popolazione combatte per le bonifiche e per ottenere lavoro proponendo progetti, facendo pressione perché nei piani di riqualificazione urbana venga rispettata la clausola sociale. Ex quartiere operaio ma anche simbolo del fallimento del centrosinistra: da trent’anni è quasi tutto fermo così alle scorse politiche il voto ha premiato i 5S.
Meloni, come a suo tempo fece Renzi, andrà a Bagnoli per proporre le ricette di destra sugli errori altrui. A Caserta ha arringato: «Non si può votare qualcuno solo perché vi dice che vi dà una paghetta» riferendosi al Reddito di cittadinanza. Ma il capoluogo di Terra di lavoro è storicamente di destra, a Bagnoli è difficile che la retorica di Meloni, a porte chiuse, galvanizzi gli elettori cresciuti in un ambiente sociale che predicava solidarietà e non esclusione.
Alla Camera i sondaggi di inizio settembre davano FdI in Campania tra il 20 e il 30%, sarebbe un exploit enorme rispetto all’esigua base di partenza (anche se non paragonabile ai 5S nel 2018 che sfondarono il 50%). Alle regionali del 2020 in Campania FdI era al 5,98% pari a 140.918 voti; la Lega al 5,65% (133.152 voti) e Forza Italia al 5,16% (121.695 voti). A Napoli città FdI era al 4,86% (14.968 voti); Fi al 4,17% (12.823 voti), la Lega al 4,13% (12.725). A Bagnoli l’M5S era al 14,26%, FdI al 4,36%, Fi al 3,64%, la Lega al 3,31%. Alle politiche del 2018 alla Camera a Bagnoli M5S arrivò addirittura al 52,44% (223.455 voti); Fi al 16,41% (69.943 voti); la Lega al 2,59% (11.028 voti) e FdI al 2,8% (11.944 voti).
Ieri sera a Napoli è arrivato il competitor di Meloni, Enrico Letta, per presentare alla Stazione marittima il Manifesto per il Sud (già illustrato a Taranto). Al porto ha trovato il Collettivo universitario autorganizzato, l’ex Opg Je so’ pazzo e i disoccupati 7 Novembre a contestarlo. Proteste ci sono state anche per Franceschini, Di Maio, Conte e Tajani, solo Meloni ha chiamato il Viminale. Accanto al segretario dem il governatore De Luca. A chi chiedeva del loro rapporto, Letta ha risposto: «In questo momento vedo nel nostro partito un’unità di intenti straordinaria».
Niente sindaco Gaetano Manfredi. Il motivo ufficiale recita: si è trattato di un incontro con gli amministratori Pd (Manfredi non ha la tessera) aperto alla cittadinanza. Ma, mettendo insieme i pezzi, viene fuori un’iniziativa su misura per il governatore, a cui Letta ha chiesto una mano per frenare 5S e destra. E così addio alle speranze dei militanti dem ribelli di cambiare il partito: quando arrivano le elezioni i principi cedono il passo alle filiere di voti. Per tenere De Luca sul pezzo sono stati riservati seggi blindati al figlio Piero e ai fedelissimi Fulvio Bonavitacola e Luca Cascone.
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