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La guerra israeliana dei «Campi Estivi» non conosce soste

La guerra israeliana dei «Campi Estivi» non conosce sosteUn blocco dell'esercito israeliano a Tulkarem – Ap

Prendono tutto Da una settimana soldati, blindati e ruspe occupano Jenin e altri centri nel nord della Cisgiordania. E a sud sorgono nuove colonie.

Pubblicato circa un mese faEdizione del 4 settembre 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

L’area di Makhrour, alle porte di Betlemme, non è coinvolta nell’Operazione «Campi Estivi» lanciata dall’esercito israeliano nel nord della Cisgiordania contro i campi profughi e le città palestinesi. Ramzi Kisia si sente comunque al centro di una offensiva, dei coloni israeliani. Ma oggi è contento. «Finalmente i miei appelli alla mobilitazione cominciano ad avere qualche effetto», ci dice riferendosi al raduno con centinaia di persone che si sta svolgendo dentro e intorno alla sua tenda. Sono palestinesi in gran parte. Ci sono anche attivisti stranieri e israeliani di varie organizzazioni che, oltre a sostenere la famiglia Kisia espulsa dalla sua terra, protestano con i palestinesi contro l’insediamento ebraico di Nahal Heletz, la nuova colonia che Israele costruirà in quella zona. Si avvicinano con passo deciso alcuni soldati israeliani. «Andate via, questa è terra nostra, non mi allontano», grida Kisia avvicinandosi ai militari issando una croce di legno.

Quella di Makhrour è una lotta che vede insieme palestinesi musulmani e cristiani. Nella tenda in cui dal 31 luglio vive la famiglia Kisia sono presenti anche i rappresentanti di diverse chiese cristiane schierate a difesa di questa zona di 11 kmq che fa capo a Battir divenuta patrimonio dell’umanità nel 2014 per decisione dell’Unesco. Costruendo Nahal Heletz, Israele intende creare nella parte meridionale della Cisgiordania occupata una fascia continua di colonie da Gush Etzion fino a Gerusalemme. «È questa la loro intenzione e dobbiamo mobilitarci per impedirlo, altrimenti perderemo una porzione di terra di eccezionale valore storico oltre che economico», avverte Walid, un giovane attivista palestinese. Alle colonie israeliane «ufficiali» si aggiungono gli avamposti. Proprio ieri un’inchiesta della Bbc ha fissato a 196 il numero totale degli avamposti di colonizzazione istituiti da organizzazioni della destra religiosa che spesso mantengono stretti legami con il governo Netanyahu.

Tra le centinaia di persone presenti non domina solo la preoccupazione per la sorte di Makhrour. Il pensiero di molti corre a Jenin, a Tulkarem, dove nella notte di lunedì sono tornati i mezzi blindati israeliani, e le altre città del centro-nord della Cisgiordania. I palestinesi hanno ribattezzato l’Operazione «Campi estivi» in «Operazione bulldozer». Se 22 anni fa, furono i carri armati Merkava i protagonisti della rioccupazione israeliana delle città autonome palestinesi per spegnere la seconda Intifada, ora sono le gigantesche ruspe blindate dell’esercito ad entrare ed uscire da Jenin e le altre città. Le conseguenze sono devastanti.

I mezzi pesanti «pelano» le strade dei campi profughi occupati dall’esercito. Per far emergere, dicono i comandi israeliani, esplosivi e nascondigli, ma ai palestinesi appare un modo per rendere i campi simili a Gaza, inabitabili. «Assieme alle strade, le ruspe israeliane distruggono le infrastrutture civili, abbattono monumenti, danneggiano case e negozi, voglio portare la distruzione di Gaza nel nostro campo. Da una settimana circondano gli ospedali, come hanno fatto con quelli di Gaza. I soldati fanno irruzioni in edifici e abitazioni con l’aiuto di cani aggressivi. La popolazione resta chiusa in casa ma diverse famiglie sono state costrette a scappare», ci riferiva ieri Ashraf Natur, del comitato popolare di Jenin. A Kafr Dan a ovest della città, i colpi sparati dai soldati hanno ucciso ieri una ragazza di 16 anni, Lujain Mosleh, mentre un bulldozer demoliva una casa. Sempre a Kafr Dan, denuncia il sindacato dei giornalisti, l’esercito israeliano ha preso di mira reporter e fotografi. «Siamo miracolosamente sfuggiti alla morte, i soldati hanno iniziato a sparare nella nostra direzione. Purtroppo, un collega, Muhammad Mansour, è stato ferito da un proiettile», ha raccontato Ayman Al Nubani, dell’agenzia Wafa.

Da giorni i palestinesi riferiscono dell’aggressività dei militari verso la stampa e ricordano che lunedì le ruspe hanno inseguito alcuni giornalisti a Jenin. La reporter Shatha Hanaysha e Ronaldo Schmidt, capo fotografo dell’Afp nei Territori occupati, sono stati feriti da schegge durante una sparatoria. Ieri due palestinesi ricercati da Israele sono stati uccisi a Tulkarem, portando a 30, tra cui sei minori e due anziani, il totale dei morti da mercoledì scorso in Cisgiordania. Per Israele erano tutti «terroristi» e l’Operazione «campi estivi» si sarebbe resa necessaria per le notizie di intelligence che vorrebbero Hamas e altre organizzazioni palestinesi intenzionate «su richiesta iraniana» a lanciare in Cisgiordania un attacco contro le sue colonie e attentati kamikaze in occasione dell’anniversario del 7 ottobre. Ma non ha fornito le prove di tutto questo. L’analista palestinese Jihad Harb del Thabat Center di Ramallah ha detto ai giornalisti che «il vero scopo di Campi Estivi non è l’autodifesa, bensì quello di usare il pretesto della minaccia iraniana per consolidare la sua occupazione». Altri pensano che l’offensiva in corso sia parte di un piano di annessione della Cisgiordania a Israele finalizzato ad impedire la nascita di uno Stato palestinese, proposta nei mesi scorsi, seppur in modo molto vago, dagli Usa e altri paesi. Dal 7 ottobre almeno 663 palestinesi, tra cui 150 minori, sono stati uccisi nei raid dell’esercito in Cisgiordania.

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