La possibile modifica di una delle leggi-bandiera del Movimento 5 Stelle, la «Spazzacorrotti» dell’allora guardasigilli Bonafede approvata in epoca giallo-verde (che tanti guai ha prodotto con l’abolizione di fatto dell’istituto della prescrizione), fa gridare allo scandalo i pentastellati. Ai quali si associano i senatori del partito della presidente del Consiglio, Fratelli d’Italia.

Mentre, sulla posizione opposta, si verifica una convergenza di un pezzo dell’attuale maggioranza, Forza Italia, con Azione-Italia viva e l’alleanza Verdi-Sinistra italiana. I tre gruppi hanno presentato emendamenti identici in commissione giustizia al senato, dove oggi pomeriggio cominciano le votazioni al decreto cosiddetto «Rave», che contiene anche norme sull’ergastolo ostativo e sul rinvio della riforma penale firmata da Cartabia.

Fi-Azione-Sinistra propongono di togliere i reati di peculato, corruzione e concussione dalla lista di quelli per i quali è obbligatoria la collaborazione per accedere ai benefici penitenziari. Lista che comprende i reati gravissimi come terrorismo e mafia, alla quale li aveva associati appunto la «Spazzacorrotti» dei 5 Stelle. Che adesso lanciano allarmi.

«I componente delle grandi reti corruttive potranno accedere ai benefici penitenziari senza collaborare con la giustizia», scrivono i rappresentanti M5S nelle commissioni giustizia di camera e senato, denunciando che il tentativo è firmato da centristi e sinistra insieme a Forza Italia «da sempre avamposto nella difesa di quei colletti bianchi che inquinano la società e l’economia».

I 5 Stelle, contemporaneamente, si trovano in sintonia con Fratelli d’Italia nel cercare di limitare ulteriormente la riforma dell’ergastolo ostativo. Riforma – ricordiamolo – imposta da una sentenza della Corte costituzionale che ha prefigurato la incostituzionalità dell’attuale norma che vincola alla sola collaborazione la concessione dei benefici e della liberazione condizionale per i condannati per reati «ostativi», ma non l’ha sanzionata, rinviando la palla al parlamento.

Nel decreto che è in conversione il governo ha fatto sua l’ipotesi sulla quale si era trovata una parziale intesa nella scorsa legislatura, considerata da molti giuristi ascoltati in audizione al senato la settimana scorsa troppo restrittiva, perché introduce persino nuove condizionalità agli ergastolani (per mafia e altri reati gravi) che intendessero accedere ai benefici.

M5S e FdI vogliono ulteriormente appesantire le prescrizioni. «Per accertare il ravvedimento è essenziale che i mafiosi che non intendano collaborare siano obbligati a spiegare le motivazioni. Alcune, come la volontà di non comportarsi da “infami” o la paura delle ritorsioni, non potranno essere accettabili», dichiarano infatti il senatore Scarpinato e gli altri 5 Stelle in commissione giustizia (del resto autori anche di un emendamento che introduce il “pentimento” persino per i partecipanti ai rave).

Si associa il partito di Meloni, con una serie di emendamenti che impongono una stretta. Il detenuto che non collabora ma vuole accedere ai benefici penitenziari deve fornire al giudice di sorveglianza «l’ammissione dell’attività criminale svolta» e una «valutazione critica del vissuto».

Oggi intanto, prima dei voti sugli emendamenti, proprio la commissione giustizia del senato ascolterà le linee programmatiche del ministro Nordio. Che ieri sulla corruzione è stato abbastanza esplicito: «Aver inasprito le pene ma non è servito a nulla. Le soluzioni sono delegificazione radicale, individuare bene le competenze e semplificare le procedure». E poi «bisognerebbe far sì che chi ha pagato sia indotto a collaborare, attraverso l’impunità o una profonda revisione dello stesso reato di corruzione».