Internazionale

«La cultura maschilista in Brasile non sparirà per magia»

«La cultura maschilista in Brasile non sparirà per magia»"Arte feminista na rua"

Intervista Cinthya Guedes del collettivo Resistências Feministas na Arte da Vida

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 24 agosto 2016

I dati ufficiali dicono che in Brasile ogni 11 minuti una donna viene stuprata. Ma è lecito aspettarsi che i casi siano ancora più numerosi, perché non tutte le vittime hanno la forza di denunciare. Lo scorso maggio un’adolescente, è stata stuprata da un gruppo di oltre trenta uomini, che poi hanno postato le foto in rete.

Anche di fronte a immagini del genere la maggior parte dei commentatori ha incolpato la ragazza. Si accenna al suo modo di vestire, al fatto che ama le feste funk, come fosse una vergogna. Soprattutto, si evidenzia il fatto che è una ragazza madre. Criminalizzata lei, invece che i suoi assalitori. Perfino l’ufficiale di polizia che avrebbe dovuto cercare i colpevoli, si è sentito in dovere di chiedere alla vittima se avesse già fatto sesso con più di una persona allo stesso tempo e se le piacesse tale pratica.

A quel punto molte donne hanno reagito scendendo in piazza e urlando basta alla «cultura» dello stupro. Cinthya Guedes è una di queste. Studentessa, fa parte del collettivo Resistências Feministas na Arte da Vida. Durante la visita di Papa Francesco lei e le sue compagne hanno inscenato performance molto forti per far ragionare le persone sulla questione della violenza sessuale. Alcune di queste attiviste sono state denunciate per atti osceni, altre per manifestazione non autorizzata.

Ma neppure questo vi ha fermate…

Anzi, a noi si sono affiancate le attiviste del Prepara Nem di Rio e Niteròi, le Mais de Maio di São Paulo e le Maes de Manguinhos di Rio. Tutte donne che hanno perso i figli, vittime di violenza per mano della polizia. E sono donne le protagoniste delle battaglie più significative per i diritti in Brasile. Eppure la società brasiliana rimane sessista. Non si tratta solo di diritti civili, le donne sono pagate meno, hanno meno accesso al lavoro e all’università. Tutto questo influisce sulla vita quotidiana. Questi problemi peggiorano se la donna è nera, peggio ancora se è pure povera. E se parliamo di transessuali, che non sono protetti dallo stato, hanno meno possibilità di accedere ai servizi privati, sono più vulnerabili, subiscono ogni tipo di violenza.

Ma esistono degli uffici della polizia aperti proprio per questi problemi, dove ci si può rivolgere.

In quegli uffici ci sono solo uomini. Le donne subiscono ancora umiliazioni, e non sono rari i casi di violenza anche dentro quelle mura. Per questo la maggior parte, si guarda bene dal rivolgersi a loro.
La questione «esclusione» riguarda solo le donne più povere?

Oggi, ad esempio, all’università noi donne siamo la maggioranza. Secondo la Commissione economica dell’Onu però la donna brasiliana può essere pagata il 25,6% meno dell’uomo, a parità di livello d’istruzione, come incentivo per le imprese. Purtroppo queste tristi statistiche riguardano anche donne bianche che ricoprono posizioni di alto livello.

Nell’ambiente universitario o in quello dell’agire politico, com’è vista la vostra battaglia?

So che può sorprendere, ma anche molte delle menti più brillanti che hanno condotto altre battaglie importanti, su questo tema non si sbilanciano, o minimizzano. Spesso è proprio fuori dall’università che mi trovo a sentire discussioni più centrate sulla questione, magari proprio nelle comunità dove vivono donne povere. Le quali invece dimostrano non solo coraggio, ma anche una visione della società più moderna e aperta.

Qualcosa è migliorato in questi anni per le donne brasiliane?

Contro lo stupro Maria da Penha ha fatto una legge importante, dieci anni fa, in modo di cercare di proteggere le donne dalle violenza domestiche, sempre più diffuse. Recentemente, nel 2015, migliaia di donne hanno partecipato a dimostrazioni per le strade di tutto il Paese, non per chiedere più diritti, ma semplicemente per assicurare che i pochi ottenuti non vengano smantellati. L’aborto è ancora proibito in Brasile, si concede il permesso solo in alcuni casi, cioè quando la vita della madre è in pericolo o in caso di stupro acclarato. Addirittura, l’ex presidente della Camera Eduardo Cunha ha tentato di ostacolare questo procedimento, proponendo che la vittima fosse processata prima di ottenere il permesso di abortire. Un disegno che per fortuna non è andato in porto.

E gli uomini? Possibile che nessuno sia sensibile e attento alla questione?

Gli uomini devono prendere atto dei loro privilegi, perché di questo si tratta. Il maschilismo non sparisce per magia. Basta guardarsi intorno, questo basta per capire che c’è qualcosa che non va. Ti sembra normale che ragazzine di quindici anni finiscano nelle mani di uomini, occidentali, per pochi reais? O che l’uomo brasiliano si sente autorizzato ad andare a letto con chi vuole e poi, se a farlo è la sua compagna, minimo la pesta, se non peggio? L’uomo approfitta di questo vantaggio, sente di averci in suo potere, si sente libero di tenerci sottomesse. Vedo proprio pochissimi uomini che lavorano contro questa cultura, anzi tanti si burlano della nostra lotta e del nostro attivismo o ci ignorano completamente. Solo alcuni gruppi composti da neri o gay stanno tentando di imparare da noi e dalle lotte femministe.

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