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La crociata del prete amico della destra che giustifica lo stupro di una ragazza

La crociata del prete amico della destra che giustifica lo stupro di una ragazzaDon Lorenzo Guidotti

Don Guidotti Recidivo: odia comunisti e gay e «lotta per evitare che la Chiesa diventi un'ong»

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 10 novembre 2017

«E dopo la cavolata di ubriacarti con chi ti allontani? Con un Magrebino? Tesoro svegliarti seminuda direi che è il minimo potesse accaderti». Lo ha scritto don Lorenzo Guidotti, sacerdote della parrocchia di S. Domenico Savio a Bologna. Ex carabiniere, ordinato sacerdote 17 anni fa, Guidotti è un prete di periferia abituato a lavorare con i poveri e a dire le cose che ha in testa senza troppi giri di parole. Questa volta ha pensato bene di commentare su Facebook la notizia di uno stupro. Una ragazza di 17 anni ha denunciato giorni fa di essere stata violentata, ha raccontato di aver passato una sera con amici, di aver bevuto troppo, di essersi allontanata con un ragazzo forse nordafricano perché aveva smarrito il cellulare e lui si era offerto di aiutarla, infine di essere stata stuprata e derubata.

Un racconto che il sacerdote bolognese ha deciso di accogliere con ben poca carità cristiana. «Ma dovrei provare pietà? Non per chi vive da barbara con i barbari. Mi spiace ma se nuoti nella vasca dei piranha non puoi lamentarti se quando esci ti manca un arto». Poi il tocco finale, concentrato del pensiero di un sacerdote che ama i crociati, ha simpatie di estrema destra, odia i comunisti, è allergico ai migranti, lotta per evitare che la Chiesa «si trasformi in una ong» e si augura che la «Francia laicista possa sprofondare con Sodoma e Gomorra». «Adesso capisci – ha scritto ancora il Don rivolgendosi alla ragazza – che oltre agli alcolici ti eri già bevuta tutta la tiritera ideologica sull’accogliamoli tutti?». Parole che sono rimaste in tranquillità sulla pagina social del sacerdote per tre giorni, finché la notizia, diffusa dalla bolognese Radio Città del Capo, non ha fatto scoppiare il caso. La difesa dell’uomo è arrivata abbinata ad una nota ufficiale della Curia dopo un primo iniziale «no comment» da parte del vescovo Matteo Zuppi. Quanto ha scritto Don Guidotti, si legge in uno stringatissimo comunicato, «corrisponde ad opinioni sue personali, che non riflettono in alcun modo il pensiero della Chiesa, che condanna ogni tipo di violenza». Nello stesso comunicato il prete si è scusato per le sue parole, ha ammesso di aver aggiunto dolore a dolore, ha detto che «certo che provo pietà per questa ragazza», infine ha specificato che il suo obiettivo era quello di attaccare non la 17 enne ma «la cultura dello sballo» e il fatto che a Bologna «vi siano zone in cui tutto pare permesso». La ragazza infatti prima di essere stuprata avrebbe raccontato di aver passato la serata nella zona universitaria di Bologna, al centro di annose polemiche e discussioni su degrado, spaccio e consumi di alcool e droghe. Per l’accusatore in particolare Piazza Verdi, cuore della movida studentesca, dovrebbe essere ripulita con forze dell’ordine blindati. «Quelle di Don Guidotti sono parole scomode ma vere in cui riconoscersi», ha detto il leghista Calderoli difendendo il sacerdote. «Il religioso ha passato il segno, nulla può giustificare la violenza su di una donna, tanto più se minorenne», ha replicato la senatrice Pd e presidente della commissione femminicidio Francesca Puglisi.

Per il sacerdote bolognese non si tratta del primo scivolone, anzi. A marzo 2016 sentì l’esigenza di prendere posizione sulla notizia, a Rimini, di un 14enne violentato sotto minaccia da un cugino di tre anni più grande. «Non si facesse tanta reclame all’ideologia Lgbt facendo apparire i rapporti omosessuali come normali, il ragazzino avrebbe guardato il cuginetto e gli avrebbe risposto ‘Sei scemo? Son mica ricchione’», scrisse sempre su Facebook. Un anno fa la causa di quello stupro per il religioso fu «l’ideologia lgbt», oggi è colpa della «cultura dello sballo» che a suo dire la vittima avrebbe abbracciato. A replicare al sacerdote la rete femminista Non una di Meno di Bologna. «Noi riteniamo che la responsabilità della violenza maschile sulle donne e la violenza di genere sia sempre da attribuire a chi la compie e non a chi la subisce. La cultura che combattiamo è quella dello stupro, che permea la mascolinità e la società più in generale, e di cui non sembra scevra la comunità ecclesiastica».

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