Europa

La «crisi ecosociale» sarà materia obbligatoria all’università

La «crisi ecosociale» sarà materia obbligatoria all’universitàA demonstrator holds a terrestrial globe in Lisbon during a worldwide protest demanding action on climate change, Friday, Nov. 29, 2019. Students worldwide are skipping class Friday to take to the streets to protest their governments' failure to take sufficient action against global warming. (AP Photo/Armando Franca)

Spagna Dal 2024 gli studenti dell'università di Barcellona dovranno acquisire una formazione interdisciplinare sulle conseguenze economiche e sociali della crisi climatica in corso

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 15 novembre 2022

A partire dall’anno accademico 2024-2025 tutti gli studenti dell’Università di Barcellona dovranno seguire un corso obbligatorio chiamato “Crisi Ecosociale”. E per 4 anni anche tutti i 6200 docenti dovranno formarsi sull’emergenza climatica mondiale.

È lo straordinario impegno che ha preso l’università catalana dopo una settimana di occupazione da parte di attivisti climatici del movimento internazionale End Fossil Fuel che lotta contro l’uso dei combustibili fossili. Gli studenti, accampati nei giardini dell’ateneo, pianificavano quest’azione dall’estate scorsa.

Ma l’avvio della COP27, in Egitto, l’arresto a Monaco dieci giorni fa degli attivisti di Scientist Rebellion che protestavano durante un evento di una casa produttrice di automobili di lusso e la pletora d’iniziative di attivisti nei musei di tutto il mondo, sono state la scintilla che gli attivisti hanno colto per attaccare una delle principali istituzioni culturali del paese. “Le università devono essere all’altezza del momento storico”, scrivono infatti in una nota. “Stiamo preparando la gioventù per un mondo che non esisterà”, aggiungono. “Festeggiamo che sia stato introdotto questo corso obbligatorio , un passo necessario per porre fine all’economia basata sui combustibili fossili”.

Ogni anno quest’università sforna 14mila studenti che dal 2024 dovranno acquisire una formazione interdisciplinare sulle conseguenze economiche e sociali della crisi climatica in corso. Il corso sarà di 5 crediti, corrispondenti a 125 ore di studio e sarà impartito da esperti, alcuni dei quali segnalati dagli stessi studenti e combinerà gli aspetti sociali ed economici della crisi. L’università in un comunicato ha fatto sapere di essere “pienamente impegnata per eradicare le cause dell’emergenza climatica e per palliare le sue conseguenze”.

Fra gli organizzatori della protesta anche il dottorando italiano in sociologia Lorenzo Velotti: “È una vittoria storica per il movimento per la giustizia climatica, che non sarebbe stata possibile senza le mobilitazioni di massa degli ultimi anni e, grazie alla quale, altre vittorie fondamentali saranno possibili in altre università del mondo”, dice a il manifesto. Una delle richieste di End Fossil Fuel era che l’università rescindesse i contratti in corso con imprese come Repsol, o banche come il Santander. L’università si è comunque impegnata a studiare assieme alle altre università maniere per “trovare alternative ai finanziamenti privati” dell’università pubblica.

Un altro italiano, il docente di economia e politica ecologica Federico Demaria, ha appoggiato la protesta degli studenti, sottolineando al Guardian che “riconoscere che dobbiamo tutti studiare questo fenomeno segna un cambio di paradigma nell’educazione universitaria. Lo spunto è stata la protesta, ma è il segno che c’è stato un cambio culturale generale. Dieci o quindici anni fa, l’università avrebbe mandato la polizia. Ma oggi non li possono cacciare perché sanno che hanno ragione e la società li sostiene”. Gli attivisti hanno già incontrato le forze politiche di sinistra del parlamento catalano e hanno chiesto d’incontrare il ministro catalano delle università.

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