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La crisi climatica sui media italiani non ha colpevoli

La crisi climatica sui media italiani non ha colpevoli

Sebbene sia un aumento significativo rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio dovuto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno […]

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 10 novembre 2022

Sebbene sia un aumento significativo rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio dovuto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno flagellato l’Italia, siamo ancora ben lontani dall’attenzione che meriterebbe l’emergenza ambientale più importante della nostra epoca, a cui è dedicato il vertice sul clima in Egitto (COP27). Trova invece conferma l’ampio spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento: sul Sole 24 Ore si contano quasi cinque pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana, mentre la media sui giornali scrutinati è di oltre tre pubblicità a settimana.

L’influenza del mondo economico sulla stampa emerge anche esaminando il modo in cui i principali quotidiani italiani raccontano la crisi climatica. Negli articoli dedicati al riscaldamento del pianeta, infatti, le aziende si confermano il soggetto che ha più voce in assoluto (16,3%), superando gli esperti (15,3%), i politici (12,8%) e le associazioni (12,2%). Per quanto riguarda invece la televisione, le immagini drammatiche della siccità e della tragedia della Marmolada hanno favorito la crescente copertura da parte dei tg di prima serata, dove si è parlato di crisi climatica in circa il 2,5% delle notizie trasmesse.

Peggio di tutti ha fatto il Tg La7 di Mentana, che ha trattato di cambiamenti climatici una volta a settimana. Un poco più confortante l’operato dei programmi tv di approfondimento, in cui si è dato spazio alla crisi climatica in 104 delle 385 puntate monitorate, pari al 27% del totale, con un deciso incremento rispetto al primo quadrimestre dell’anno. La trasmissione più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si piazzano le due trasmissioni di La7: L’Aria che tira e Otto e mezzo/In onda.
Considerando che i risultati peggiori sono ottenuti dal Tg e dai programmi di La7, e che la linea editoriale di questo canale privilegia il racconto della politica, i risultati appaiono come una conferma che i politici italiani si disinteressano del riscaldamento del pianeta, come già dimostrato dall’assenza della crisi climatica dai discorsi dei leader di partito in campagna elettorale.

Inoltre, se è vero che la maggiore attenzione osservata nel secondo quadrimestre è un segnale positivo, questa si deve purtroppo alla cronaca degli impatti che la crisi ha sul territorio italiano, in un crescendo di danni e vittime che risulta ancora più insopportabile al cospetto dell’inazione della politica. L’analisi conferma infine il carattere strutturale del ricatto che le aziende del gas e del petrolio esercitano sui media, pericolosamente dipendenti da inserzioni infarcite di greenwashing. Lo dimostra il fatto che le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono citate raramente tra le cause del riscaldamento, pur essendone i principali responsabili.

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