Sebbene sia un aumento significativo rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio dovuto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno flagellato l’Italia, siamo ancora ben lontani dall’attenzione che meriterebbe l’emergenza ambientale più importante della nostra epoca, a cui è dedicato il vertice sul clima in Egitto (COP27). Trova invece conferma l’ampio spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento: sul Sole 24 Ore si contano quasi cinque pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana, mentre la media sui giornali scrutinati è di oltre tre pubblicità a settimana.

L’influenza del mondo economico sulla stampa emerge anche esaminando il modo in cui i principali quotidiani italiani raccontano la crisi climatica. Negli articoli dedicati al riscaldamento del pianeta, infatti, le aziende si confermano il soggetto che ha più voce in assoluto (16,3%), superando gli esperti (15,3%), i politici (12,8%) e le associazioni (12,2%). Per quanto riguarda invece la televisione, le immagini drammatiche della siccità e della tragedia della Marmolada hanno favorito la crescente copertura da parte dei tg di prima serata, dove si è parlato di crisi climatica in circa il 2,5% delle notizie trasmesse.

Peggio di tutti ha fatto il Tg La7 di Mentana, che ha trattato di cambiamenti climatici una volta a settimana. Un poco più confortante l’operato dei programmi tv di approfondimento, in cui si è dato spazio alla crisi climatica in 104 delle 385 puntate monitorate, pari al 27% del totale, con un deciso incremento rispetto al primo quadrimestre dell’anno. La trasmissione più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si piazzano le due trasmissioni di La7: L’Aria che tira e Otto e mezzo/In onda.
Considerando che i risultati peggiori sono ottenuti dal Tg e dai programmi di La7, e che la linea editoriale di questo canale privilegia il racconto della politica, i risultati appaiono come una conferma che i politici italiani si disinteressano del riscaldamento del pianeta, come già dimostrato dall’assenza della crisi climatica dai discorsi dei leader di partito in campagna elettorale.

Inoltre, se è vero che la maggiore attenzione osservata nel secondo quadrimestre è un segnale positivo, questa si deve purtroppo alla cronaca degli impatti che la crisi ha sul territorio italiano, in un crescendo di danni e vittime che risulta ancora più insopportabile al cospetto dell’inazione della politica. L’analisi conferma infine il carattere strutturale del ricatto che le aziende del gas e del petrolio esercitano sui media, pericolosamente dipendenti da inserzioni infarcite di greenwashing. Lo dimostra il fatto che le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono citate raramente tra le cause del riscaldamento, pur essendone i principali responsabili.