La Consulta non decide sulle Rems. Torna l’ombra del manicomio
Fuoriluogo La rubrica a cura di Fuoriluogo
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Lo scorso 26 maggio la Corte Costituzionale ha esaminato la disciplina, introdotta dalle leggi 9/2012 e 81/2014, in materia di REMS (residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) destinate, insieme ai servizi sanitari territoriali, ad accogliere le persone con patologia psichiatrica autrici di reato. In particolare, le REMS sono destinate ai casi più gravi, in base al principio di extrema ratio della misura detentiva.
La questione di costituzionalità è stata sollevata dal Tribunale di Tivoli e parte dalla costatazione del problema delle liste d’attesa per l’ingresso in REMS, liste ogni anno più lunghe. Tuttavia, propone di risolvere il problema affossando la riforma che, è bene ricordarlo, ha istituito le REMS come risultato del processo di superamento degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), con la messa al centro del diritto alla salute delle persone, di tutte le persone, anche di quelle che hanno commesso reati e sono considerate socialmente pericolose. Secondo l’ordinanza di Tivoli dovrebbe infatti essere attribuito al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria il ruolo di decidere sull’inserimento, con lo scopo di superare il limite del numero chiuso previsto per le REMS.
Si poteva ipotizzare che la Corte avrebbe dichiarata inammissibile la questione oppure auspicare che si pronunciasse nel merito ribadendo, anche nel caso delle REMS, la sua importante giurisprudenza in materia di salute. Così non è stato e l’ordinanza n. 131, depositata il 24 giugno, ha adottato un diverso approccio: la Corte ha rinviato la decisione di 90 giorni disponendo un’apposita istruttoria (in base all’art. 12 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte) per avere maggiori informazioni sul funzionamento concreto del sistema delle REMS.
I quesiti possono essere raggruppati per tipologia. Un primo gruppo riguarda la richiesta di dati quantitativi e qualitativi sul fenomeno dell’internamento in REMS: punti da a) a f). Un secondo gruppo concerne la ricognizione di specifiche modalità e difficoltà di funzionamento del sistema delle REMS e i ruoli rispettivamente svolti dal Ministero della Giustizia, dal Ministero della Salute e dalle Regioni: punti da g) a m). Un ultimo punto (lett. n) riguarda l’esistenza di proposte di riforma del sistema.
Stupisce che debba essere la Corte Costituzionale a chiedere tali dati poiché si tratta di conoscenze che dovrebbero essere raccolte in modo ordinario per valutare l’impatto di una riforma di grande rilievo. Non sono mancati alcuni studi, come quelli condotti dall’ex-Commissario per il superamento degli OPG Franco Corleone, le Relazioni del Garante nazionale delle persone private della libertà personale, la ricerca recentemente pubblicata dall’Università di Torino, i contributi del Coordinamento Stop Opg. Ma il dato ufficiale lo si sta andando a ricostruire solo adesso. Ed è un passo importante perché va a colmare un vuoto di conoscenza, ma offre anche un’opportunità di azione.
Su tre aspetti si richiama l’attenzione. Che l’impulso dato dalla Corte sia accolto non solo come risposta all’emergenza, ma come occasione per la costruzione di un meccanismo permanente di monitoraggio del sistema delle REMS e di investimenti pubblici strutturali per l’assistenza psichiatrica. Che il dato numerico sia letto alla luce delle dinamiche del sistema, per esempio comparando le situazioni delle diverse regioni privilegiando le buone prassi e affrontando il problema delle misure provvisorie: secondo il Garante nazionale, Relazione annuale 2021, risultano detenute in carcere in attesa di REMS, al 19.04.2021, 65 persone di cui 62 con misura provvisoria, e il problema è concentrato in 5 regioni. Che una proposta di legge, che disciplina in modo organico la tutela della salute mentale per gli autori di reato, superando la distinzione tra folli rei e rei folli, e che valorizza la libertà e la responsabilità della persona, è depositata alla Camera dei deputati (n.2939).
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