La città è gratuita o non è una città
L'intervento Perché le città non siano centri commerciali: il caso italiano e le iniziative europee
L'intervento Perché le città non siano centri commerciali: il caso italiano e le iniziative europee
Se non consumi, non esisti. I ragazzi interiorizzano fin da piccoli che le città sono circoli a pagamento e che per abitare un luogo bisogna pagare: per muoversi, per sedersi, per mangiare, per divertirsi, per fare sport, per trascorrere una sera con gli amici. Sedersi gratis. Sedersi all’ombra. Bere da una fontana. Giocare a palla in un cortile, fare un pic-nic in un parco urbano, giocare per strada senza pericoli, sono attività sempre più rare e sempre più difficili da sperimentare nelle città.
I centri urbani sono sempre più simili – per organizzazione e disciplina – ad enormi centri commerciali, che allontanano chi non si adatta alle regole del commercio. Nella logica del decoro si negano in modo sistematico gli spazi di socialità che nascano fuori da un circuito commerciale, si sgomberano gli spazi occupati, si investe in modo massiccio in video-sorveglianza e lo spazio pubblico viene inibito ai ragazzi, ai non consumatori, ai poveri, ai senza-tetto.
Ci sono bellissime località balneari o lacustri dove ogni possibilità di movimento è a pagamento: il parcheggio se si arriva in auto, la tassa di soggiorno se si viene da fuori, l’ingresso nella stazione balneare e l’affitto di sdraio e lettino. Persino guardare il mare diventa un privilegio a pagamento.
Lo stesso accade nelle città d’arte, dove i sagrati delle chiese o gli interni freschi e ombrosi delle cattedrali, sono ad accesso limitato. Nelle stazioni sono sempre più rare le sale d’aspetto gratuite dove sedersi in attesa di un treno. A pagamento sono i bagni pubblici, salvo rarissime eccezioni.
Ma non di solo consumo possono vivere i cittadini (e nemmeno i turisti).
Bisognerebbe riscrivere una grammatica del possibile, di quello che si può e si deve fare gratuitamente (e pare surreale pure doverlo scrivere in corsivo) nello spazio pubblico. Perché forse ci siamo dimenticati che le città sono beni comuni e che se perdono questo carattere collettivo e condiviso perdono la loro natura originaria. E se perdiamo questa urbanità che cosa rimarrà della nostra secolare cultura civile? Sono i comportamenti a fare belle le città, prima dei monumenti e delle piazze restaurate in stile.
La cultura civile di una città si dovrebbe misurare contando tutte quelle cose che si possono fare «senza pagare» e tutti quei posti in cui si può stare gratuitamente. Zone di non-consumo o ad accesso libero. Quanti di questi luoghi ci vengono in mente?
Nel mio elenco di luoghi gratis metterei le bocciofile di periferia, gli oratori quando funzionano, le isole pedonali (ma solo se hanno panchine all’ombra), i parchi giochi per i bambini ma solo se riparati dal sole e in terra battuta o prato. Le panchine all’ombra sono così rare dovunque da pensare di doverle candidarle davvero a patrimonio Unesco.
Potremmo prendere ispirazione da altre città europee e trovare nuove idee per migliore gli spazi liberi, gratuiti e accessibili a tutti: ci sono città che hanno compreso che fare sport e divertirsi nella natura sono «beni comuni» irrinunciabili, come a Zurigo che ha la più alta densità di stabilimenti balneari al mondo. A Graz si può giocare a pallavolo in campi affacciati sul fiume Mura. L’accesso gratuito può riguardare la mobilità. In Spagna i treni regionali sono stati gratuiti per tutto il 2023, per facilitare il ritorno a usare i mezzi pubblici dopo la pandemia; a Tallin i trasporti pubblici sono gratuiti per i residenti dal 2013; a Bruxelles i trasporti sono gratuiti venerdì e sabato.
Urge una contro-narrazione. Dovremmo individuare luoghi dove le cose di possono fare gratis e scriverlo a caratteri cubitali: in questo cortile si può giocare a palla; in questo parco puoi fare sport da solo o in gruppo; sul sagrato di questa Chiesa puoi sederti con gli amici e bere una birra. Questo fiume è balneabile e puoi fare il bagno quando vuoi. In questo forno all’aperto puoi venire a cuocere il pane da casa. Questa biblioteca è aperta anche di sera e ci puoi venire con gli amici a studiare. Dopo le 20.00 i mezzi pubblici sono gratuiti per tutti i ragazzi. Sono tutti esempi attinti dalla realtà italiana, peccato solo che siano spazi tanto rari, mosche bianche in città sempre più a pagamento.
* Urbanista. Incontra il pubblico del Festival della mente domenica 1 settembre alle ore 10.15, al Teatro degli Impavidi, in dialogo con l’architetta Annalisa Metta
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