La cappa tossica che avvolge New Delhi
India Nella capitale indiana emergenza inquinamento alle stelle. Il governo ordina la chiusura di scuole e asili, limitati i voli aerei. Le polveri sottili registrano livelli estremamente pericolosi per la salute
India Nella capitale indiana emergenza inquinamento alle stelle. Il governo ordina la chiusura di scuole e asili, limitati i voli aerei. Le polveri sottili registrano livelli estremamente pericolosi per la salute
La coltre di nebbia che ha avvolto la capitale dell’India New Delhi sarebbe causata in parte dalla combustione delle stoppie, diffusa in particolare nel Punjab e nell’Haryana, che si è unita al consueto smog, alla mancanza di vento e alla forte umidità registrata in queste settimane in una delle più popolate città indiane e del mondo. Lo ripetono agenzie di stampa, osservatori ed esperti ma non senza scatenare polemiche.
In India, dal 2007 ad oggi, le emissioni di anidride solforosa sono aumentate del 50% (Scientific Report, 2017) mentre a New Delhi, in questi giorni, le polveri sottili (PM 2,5) hanno raggiunto livelli estremamente pericolosi per la salute degli abitanti. I limiti dettati dall’Oms non devono superare i 25 ppm, mentre i dati registrati nelle vie di New Delhi parlano di numeri che oscillano tra i 400 e i 700 ppm.
Il governo indiano ha imposto la chiusura delle scuole e degli asili fino a domenica, ha limitato il traffico aereo e dei treni, e favorito l’utilizzo dei mezzi pubblici, riducendone il prezzo e aumentando quello dei parcheggi.
Inoltre, il ministro dei trasporti Kailash Gahlot ha comunicato che vi saranno ulteriori limitazioni al traffico, con targhe alterne, a partire dal 13 novembre. Persino alcune compagnie aeree straniere hanno chiuso i loro voli sulla città indiana avvolta in una cappa di smog e di controversie politiche. La polemica principale riguarda l’origine del mantello di smog che avvolge la città.
Il leader del partito d’opposizione Aam Aadmi Party (AAP), Sukhpal Khaira, sostiene che i contadini non c’entrano nulla e che la colpa è invece da ricercarsi sia negli scarichi delle migliaia di automobili sia nelle polveri diffuse nell’atmosfera dalle industrie.
A suo avviso la nebbia causata dagli incendi agricoli in molti casi non raggiunge nemmeno la capitale e gli agricoltori, semmai, soffrirebbero non certo per l’inquinamento ma per i debiti che li strangolano. Ma che la responsabilità vada invece cercata anche nei grandi incendi nelle campagna pare fuori di dubbio. Una concausa almeno ma non secondaria. Ma la colpa è solo nel ruolo degli agricoltori del nord del paese asiatico?
Secondo il quotidiano Indian Express, ogni anno, tra ottobre e novembre, verrebbero bruciati 34 milioni di tonnellate di residui provenienti dalla mietitura di riso e frumento. La differenza però starebbe tra le coltivazioni manuali e quelle generate dalle macchine. Ossia tra contadini poveri e ricche proprietà fondiarie.
Nelle prime, grazie all’utilizzo delle falci, il grano viene tagliato vicino al suolo e il resto delle piante riutilizzato come foraggio o per gli imballaggi. Un utilizzo «ecologico» e sostenibile quanto tradizionale. Nelle coltivazioni estensive, invece, le macchine causerebbero uno scarto più ampio, di circa 40-50 cm, che viene sistematicamente bruciato.
Un fatto ciclico e tipico non solo del subcontinente indiano: già negli anni Novanta le piantagioni di palma del Sudest asiatico entrarono nell’occhio del ciclone proprio per la nebbia inquinata che dall’Indonesia arrivava sino a Singapore.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, 13 delle 20 città più inquinate del mondo si trovano in India e ogni anno 627 mila persone muoiono per problemi di salute legati alla tossicità dell’aria: bronchiti croniche, malattie cardiovascolari e tumori ai polmoni. I rischi riguardano soprattutto la funzionalità respiratoria dei bambini, compromessa in un caso su tre.
Nel 2010 l’India aveva contestato i dati riportati dall’Oms, sostenendo fossero stati manipolati e negando le conclusioni dello studio. La difficoltà nel trovare dei rimedi efficaci all’inquinamento, condita con la poca cura delle aree verdi, la forte industrializzazione e la cementificazione selvaggia hanno poi determinato un peggioramento della situazione ambientale indiana.
Adesso si cerca ogni tipo di soluzione, come la pianificazione di sparare acqua per tentare di combattere la nube tossica, un palliativo che probabilmente non servirà a molto. I «cannoni» dovrebbero sparare acqua dall’alto (da cento metri di altezza) nel tentativo di schiacciare a terra le polveri. Ma non è chiaro dove si farà: in quale punto cioè di questa tentacolare città di 22 milioni di abitanti, una delle aree urbane dove la percentuale di persone per chilometro quadrato è tra le più alte del mondo (seconda solo al centro di Manila o a Dacca).
Persino i coreani si son offerti intanto di dare una mano: ma la soluzione può essere solo di lungo periodo, dicono gli esperti di Seul, con un approccio più «olistico» alla gestione dell’area urbana. È una tegola per il governo di Narendra Modi, l’uomo forte di Delhi noto per l’ipernazionalismo tracotante in linea con l’ideologia del suo partito. Modi non vorrebbe inimicarsi né i cittadini delle città, né la grande industria, né tanto meno i contadini.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento