In un paese dove la questione sociale è stata rimossa dal palinsesto della politica, sussunta dalla «società dello spettacolo integrato» tra guerra e pandemie e altre apocalissi, la rete «Paese reale» ieri ha presentato alla Casetta rossa di Roma la campagna «#DieciMilleUnMilione su salario minimo, «reddito minimo» e servizi pubblici.

All’iniziativa hanno aderito La Fp Cgil, Flc Cgil, Il cantiere delle idee, Senso comune, Reds, Fornaci rosse, Abiti puliti, I pettirossi, Fair Watch, Potere al popolo. All’incontro è intervenuto anche Luigi De Magistris. L’iniziativa sul salario minimo orario legale prevede compensi per i non contrattualizzati non inferiori ai 10 euro lordi e si prevede un meccanismo periodico (biennale) di adeguamento affidato a una commissione alla quale parteciperanno anche i sindacati. In più è prevista un’estensione della retribuzione complessiva e quindi non dei soli minimi, prevista dai contratti collettivi «sottoscritti dalle associazioni maggiormente rappresentative». Questa idea di salario minimo andrebbe inoltre considerato come una soglia minima per la quantificazione dei compensi orari dei lavoratori autonomi.

Per «reddito minimo» si intende un’estensione del cosiddetto «reddito di cittadinanza», in realtà un sussidio di ultima istanza per i poveri assoluti che esclude il 56% di coloro che sono sotto i 9.350 euro di Isee. A tale fine si chiede l’innalzamento della soglia di entrata a 12 mila euro di Isee, un aumento del sussidio medio, il cambiamento delle regole che penalizzano le famiglie numerose. Per i cittadini extra comunitari si chiede un taglio da 10 a 2 anni di residenza in Italia per ottenere il riconoscimento del sussidio. Inoltre si intende svincolare il «reddito» dalle politiche attive del lavoro e eliminare i vincoli alle proposte di lavoro. È stato inoltre sostenuto di eliminare la durata del sussidio che sarà erogato fino all’uscita effettiva da una condizione di povertà.
Sui servizi pubblici è stato proposto un piano di nuove assunzioni da un milione di persone considerato «un primo passo per raggiungere la Francia o la Germania.

A cominciare dalla sanità messa a dura prova dalla pandemia per cui si chiede di eliminare il tetto di spesa imposto nel 2007. Per la scuola si chiede una riduzione del numero di studenti per classe, assunzioni e stabilizzazioni di docenti e personale Ata, obbligo scolastico a 18 anni, una revisione dei programmi e dei cicli, archiviando la logica delle competenze e dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria, nuove scuole e adeguamento degli edifici. Per l’università e la ricerca assumere 30 mila nuovi ricercatori, investire 2 miliardi di euro e 3 miliardi in cinque anni. Come si finanzia tutto questo dato che nel totemico «piano di ripresa e resilienza» (Pnrr) nulla di tutto ciò è previsto? «Se è stato deciso un aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, questi soldi possono andare al Welfare» è stato detto. Per questo obiettivo occorre «ripartire dal basso, unire la forze per l’alternativa alla deriva della crisi sociale creare un movimento popolare che includa tutti» a partire dai problemi materiali.