La Bce avverte l’Italia: «Le pensioni non si toccano»
Il monito di Francoforte Dopo le riserve del ministro Tria un nuovo stop al governo: «I paesi ad alto debito devono persistere sulle riforme, e non fare dietrofront». L’ufficio parlamentare di bilancio mette in evidenza il contributo dei migranti alla previdenza
Il monito di Francoforte Dopo le riserve del ministro Tria un nuovo stop al governo: «I paesi ad alto debito devono persistere sulle riforme, e non fare dietrofront». L’ufficio parlamentare di bilancio mette in evidenza il contributo dei migranti alla previdenza
Se non bastassero già le molte riserve espresse dal ministro dell’Economia Tria su possibili eccessi di spesa pubblica, ieri è stata la Bce a mettere in guardia il governo gialloverde riguardo alla legge Fornero: in caso di un dietrofront rispetto alla riforma, l’equilibrio dei conti italiani sarebbe a rischio. Minaccia che Francoforte vede concreta: «In alcuni Paesi (per esempio Spagna e Italia) sembra esserci un elevato rischio che le riforme delle pensioni adottate in precedenza siano cancellate», ha spiegato la Banca centrale europea nel suo bollettino.
AL CONTRARIO, RIPRENDE la Bce, «in diversi paesi con livelli già elevati di debito pubblico» (come l’Italia) «sono necessari ulteriori sforzi di riforma volti a ridurre il previsto aumento della spesa connessa all’invecchiamento demografico». «In tale contesto – conclude l’Eurotower – sarà importante che i paesi intraprendano azioni politiche risolute e incrementino gli sforzi di riforme strutturali in ambiti quali pensioni, sanità e assistenza di lungo periodo». Insomma, da questi ultimi settori, meglio riuscire a trarre nuovi risparmi che pensare addirittura di poter incrementare i costi.
I margini per l’Italia, stando almeno ai banchieri centrali, sarebbero già molto ristretti, al di là di quanto promesso nel contratto del cosiddetto Cambiamento grilloleghista, che include oltre a una auspicata modifica radicale della riforma Fornero, anche il reddito di cittadinanza e la flat tax. Misure molto costose, e chi le ha pensate non ha evidentemente fatto i conti con il nostro debito pubblico, già oneroso.
AI PAESI CON UN ELEVATO debito pubblico, infatti, la Bce riserva un monito molto netto: «È necessario proseguire gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche nel pieno rispetto del Patto di stabilità e di crescita», dice il bollettino economico. «In particolare – prosegue – per i paesi con alti livelli di debito sono indispensabili ulteriori sforzi di consolidamento per condurre stabilmente il rapporto fra debito pubblico e Pil su un percorso discendente, poiché il forte indebitamento li rende particolarmente vulnerabili in caso di futuri rallentamenti dell’attività economica o di nuovi episodi di instabilità nei mercati finanziari».
L’Ufficio parlamentare del bilancio, se da un lato ha difeso le riforme passate, sostenendo dati alla mano che hanno «migliorato la sostenibilità del sistema», dall’altro ha diffuso un messaggio sicuramente poco gradito a chi oggi indica nei migranti il maggior problema dell’Italia: il sistema pensionistico italiano, spiega l’Upb, rischia livelli elevati di incidenza della spesa sul Pil negli anni a venire in base a «una maggiore persistenza degli effetti della crisi macroeconomica» in termini di bassa produttività e minore occupazione e «a un peggioramento del quadro demografico riconducibile ai minori flussi migratori netti». Insomma, con meno migranti ci sono meno contributori netti al sistema previdenziale.
L’UFFICIO PARLAMENTARE di bilancio ha confrontato tre diverse esercizi di previsione – della Ragioneria, europeo (Awg – Working group on ageing populations and sustainability) e dell’Fmi. Per la Ragioneria la spesa pensionistica raggiungerebbe il 16,2% del Pil nel 2040; per Awg il 18,4%; per l’Fmi il 20,5%. Il trend, insomma, indica comunque una crescita.
Rispetto al monito della Bce, è arrivata una stoccata da parte della Uil: è vero che si deve mantenere la sostenibilità del sistema, sostiene il sindacato, ma dall’altro lato si chiede al governo una ulteriore flessibilità in uscita rispetto a quella già ottenuta dal 2016 a oggi. «La Bce può stare tranquilla – dice il segretario confederale Domenico Proietti – i provvedimenti adottati negli ultimi due anni nel sistema previdenziale, sotto la spinta del sindacato, volti a reintrodurre elementi di equità e giustizia, sono pienamente compatibili con l’equilibrio dei conti».
«QUESTA OPERA – AVVERTE la Uil – deve continuare per riallineare l’età di accesso alla pensione in Italia a quello che avviene nei Paesi della Ue a 63 anni. Oggi noi andiamo in pensione 4 anni dopo rispetto alla media europea e i lavoratori italiani non devono continuare a subire questa ingiustizia». Per la Uil, «il nuovo governo deve realizzare una reale flessibilità di accesso alla pensione per tutti i lavoratori a 63 anni, valorizzare, ai fini previdenziali, il lavoro di cura svolto dalle donne, superando le disparità di genere e sostenere le future pensioni dei giovani, colmando i buchi contributivi nelle carriere più discontinue».
Più in generale, per la Bce la ripresa europea è solida e l’inflazione risale, ma si temono contraccolpi dalla guerra dei dazi inaugurata da Trump: «Potrebbe avere – scrive il bollettino – un impatto considerevole su attività economica e commercio a livello mondiale».
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