«Ha avuto più di un nome. Ha confuso le idee sull’anno di nascita, perfino uno dei figli non sapeva dire quale fosse. Per localizzare il punto dell’Oklahoma in cui è venuto al mondo bisogna indicare uno spazio tra due cittadine. Ha vinto due ori ai Giochi olimpici, glieli hanno tolti, solo da morto li ha riottenuti e non del tutto. È sepolto in un luogo dove non era mai stato da vivo. Un luogo che per un’intuizione di marketing, neanche troppo riuscita, oggi ha uno dei suoi nomi, il più famoso: Jim Thorpe».

La storia che Tommaso Giagni racconta in Afferrare un’ombra (minimum fax, pp. 210, euro 16) sembra fatta di pura materia narrativa, quando invece dà si voce a un «mito», ma ripreso direttamente dalla realtà. L’autore di L’estraneo e Prima di perderti (Einaudi) e I tuoni (Ponte alle Grazie, 2021) ripercorre infatti la vicenda di Jim Thorpe, un atleta appartenente alla nazione indiana Sac e Fox che nei primi anni dello scorso secolo, quando Washington aveva lanciato una campagna di assimilazione della popolazione nativa sopravvissuta ai massacri della fine dell’Ottocento, raggiunse traguardi sportivi di grandissimo livello.

Considerato ancora oggi come uno dei più grandi atleti americani di tutti i tempi, Thorpe conquistò due medaglie d’oro nelle discipline multiple dell’atletica leggera, pentathlon e decathlon alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912. Riconoscimenti che gli sarebbero poi stati tolti, e in seguito solo in parte restituiti, perché aveva giocato a baseball da professionista, ossia in cambio di un modesto compenso in denaro che gli consentisse di sbarcare il lunario. Ma la storia di Thorpe sarebbe comunque proseguita non solo in termini sportivi, avrebbe continuato a giocare a football e a baseball ad alti livelli fino alla fine degli anni ’20, per poi trasformarsi in sindacalista dei nativi che lavoravano come comparse a Hollywood dove lui stesso si guadagnava da vivere grazie ai western.

Malgrado gli ultimi anni di vista trascorsi in miseria – morirà nel 1953 a 65 anni in seguito a un infarto -, Thorpe era ormai diventato una celebrità, al punto che nel 1951 sarà Burt Lancaster ad interpretare il ruolo del protagonista nel film dedicato alla sua biografia, Pelle di rame diretto da Michael Curtiz. In Afferrare un ombra, Giagni ricorda come Arch Ward abbia scritto sul Chicago Tribune che «nessun autore di fiction si sarebbe azzardato a creare un personaggio favoloso come Jim Thorpe». Così, anche lo scrittore romano ha scelto di non «far gareggiare la fiction» con la realtà, seppure il suo libro restituisca di una vita vissuta tutte le incredibili emozioni degne di un romanzo.