Martedì notte, mentre le truppe israeliane lasciavano Jenin, Ibrahim Fayed, ospitato da conoscenti in un quartiere periferico della città, ha preferito non avventurarsi in strada come avevano fatto altri abitanti del campo profughi, teatro per due giorni dell’operazione «Casa e giardino», un nome rassicurante dietro il quale si celano raid aerei, distruzioni e uccisioni. «NON MI FIDAVO degli israeliani, ho pensato che l’annuncio del ritiro fosse una trappola e ho preferito non tornare subito a casa come hanno fatto altri», ci dice accennando un sorriso. Fayed, un manovale, nel campo profughi non ha una confortevole casa con giardino come quelle...