Di cosa sia accusato Khaled Al Qaisi nessuno lo sa. Forse si saprà questa mattina, quando il giovane ricercatore universitario italo palestinese apparirà di fronte ai giudici israeliani di Rishon Lezion per la seconda udienza – della prima tenuta a Petah Tiqwa non si era saputo nulla – del procedimento giudiziario legato al suo arresto avvenuto lo scorso 31 agosto al valico di frontiera di Allenby, tra Cisgiordania occupata e Giordania, al termine di un periodo di vacanza trascorso a Betlemme assieme alla moglie Francesca Antinucci e al figlioletto Kamal di 4 anni. Da una settimana la madre, Lucia Marchetti, e la moglie del giovane ricercatore non si danno pace. E hanno rivolto un appello alle autorità italiane e all’opinione pubblica affinché Khaled venga liberato subito e rimpatriato in Italia.

Difficile fare previsioni sull’andamento dell’udienza prevista oggi. Non è chiaro neppure se il giovane, seguito dall’ambasciata italiana a Tel Aviv, abbia avuto modo di incontrare un avvocato. Secondo alcuni a Khaled Qaisi, che ha anche un passaporto palestinese, oltre a quello italiano, forse saranno contestati alcuni suoi post nei social. Negli ultimi anni diversi palestinesi sono stati arrestati da Israele per commenti postati in internet su quanto accade nei Territori occupati.

La voce di Francesca Antinucci era stanca ieri sera quando ha accettato di raccontare al manifesto le fasi dell’arresto di Khaled Al Qaisi. «Abbiamo fatto la normale trafila per passare la frontiera di Allenby – ci ha detto – intendevamo fermarci un paio di giorni ad Amman, per un breve prolungamento in Giordania della nostra vacanza». Dopo i soliti controlli dei bagagli e dei documenti alla coppia è stato chiesto di aspettare. «A più riprese (gli israeliani) hanno controllato e ricontrollato i nostri bagagli a mano con effetti personali e i telefoni – ha detto Antinucci -, quindi gli agenti israeliani hanno chiesto a mio marito più volte di avvicinarsi e poi di allontanarsi. Infine, una guardia di frontiera ha detto a mio marito di alzarsi e di raggiungere il nastro, lì all’improvviso lo ha ammanettato con i polsi incrociati, davanti agli occhi increduli di mio figlio di 4 anni e miei, nonché di tutti i presenti».

Antinucci dopo lo sbigottimento iniziale ha chiesto con insistenza il perché di quell’arresto e dove stessero portando il marito. Ma le hanno intimato di sedersi e di aspettare. In seguito, un addetto al personale l’ha interrogata su aspetti della vita privata e lavorativa della coppia in Italia, in special modo quella di Khaled e i suoi orientamenti politici. Quindi dopo un’altra lunga attesa, ad Antinucci è stato dato il foglio di uscita e restituito solo qualche bagaglio. «Quando ho chiesto a due addette israeliane come avrei potuto proseguire il viaggio visto che non avevo più il mio telefono e neppure i soldi per raggiungere Amman, mi hanno risposto ‘Questo è un tuo problema’. Solo la generosità di un gruppo di signore arabe che hanno offerto la somma di 40 dinari giordani, Antinucci e il figlio hanno potuto raggiungere l’Ambasciata italiana in Giordania. «Dopo i colloqui in ambasciata siamo andati in un hotel. Con grande difficoltà ho potuto stabilire i contatti con l’Italia e comunicare l’accaduto. La cosa più importante ora è che Khaled torni a casa. Chiedo a chiunque ne abbia il potere, che si accerti delle sue condizioni di salute e che soprattutto eserciti tutte le pressioni necessarie per la sua liberazione», ha concluso Antinucci.

Khaled Al Qaisi è conosciuto da molti a Roma per la sua attività di traduttore e di studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma. E perché è impegnato nella divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese. Ha fondato con amici e colleghi il Centro Documentazione Palestinese che vuole promuovere la cultura palestinese in Italia. Suo padre Kamal, scomparso da diversi anni, prima e durante l’Intifada del 1987 nei Territori occupati palestinesi, aveva lungamente collaborato con la Cgil e realizzato importanti progetti di cooperazione tra i sindacati italiani e quelli palestinesi.