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Italicum, nuovo fronte e rischio rinvio

Italicum, nuovo fronte e rischio rinvioUn'udienza della Corte costituzionale

Legge elettorale Ricorso accolto anche a Perugia, atti alla Corte costituzionale. Pressioni perché decida dopo il referendum. Sotto la lente dei giudici le pluri candidature dei capilista e il premio di maggioranza senza limiti al ballottaggio

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 10 settembre 2016

Dopo Messina e Torino, ecco Perugia. La seconda sezione civile del tribunale umbro ha accolto due rilievi di sospetta incostituzionalità dell’Italicum. Gli atti andranno adesso alla Corte costituzionale, dove il «processo» alla legge elettorale è già fissato per il 4 ottobre. I tempi sono stretti e l’ordinanza di Perugia non potrà essere presa in esame in quell’udienza, ma cambia poco: le ragioni per cui al giudice monocratico Michele Moggi sono apparse «non manifestamente infondate» le questioni sollevate dagli avvocati Besostri, Ricciardi e Pennino per conto di un gruppo di cittadini (tra i quali il costituzionalista Volpi, la deputata dei 5 Stelle Ciprini e la collega di Scelta Civica, e dunque di maggioranza, Galgano) sono le stesse ragioni già accolte dal tribunale di Torino.

La prima è la mancata previsione nell’Italicum di un quorum minimo al primo turno per attribuire il premio di maggioranza al ballottaggio. Si tratta di quel meccanismo che rende possibile conquistare almeno il 54% dei seggi della camera anche a una lista votata al primo turno da una percentuale assai più bassa di elettori, purché sufficiente ad accedere al secondo turno. Il secondo motivo riguarda i capilista «bloccati» – cioè sicuri dell’elezione – che nell’Italicum sono sopravvissuti dal Porcellum. E che possono candidarsi anche in dieci collegi diversi, scegliendo quello di effettiva elezione solo a risultato ottenuto. In questo modo si sacrifica troppo il diritto di scelta degli elettori, sostiene adesso il giudice di Perugia come già quello di Torino. Besostri e gli altri avvocati del «pool anti Italicum» avevano presentato altri dodici motivi di incostituzionalità; respinti stavolta ma accolti – in numero di sei – a Messina, già da febbraio. «È una buona notizia – il commento di Besostri – mi fa piacere che i tribunali si stiano svegliano e mi auguro che da qui al 4 ottobre anche gli altri undici che hanno congelato ogni decisione si esprimano». Tre invece sono i tribunali che hanno respinto in tutto i ricorsi: Milano, Ancona e Catanzaro.
Se così sarà, però, se dovessero moltiplicarsi i ricorsi accolti proprio in questi pochi giorni che mancano all’udienza della Corte costituzionale, potrebbero crescere le pressioni sulla Corte perché non decida, e rinvii il verdetto sull’Italicum a dopo il referendum costituzionale. Una bocciatura della legge elettorale sulla quale il governo ha posto la fiducia, infatti, sarebbe un colpo serio al disegno di riforma delle istituzioni firmato da Renzi e arriverebbe a poche settimane dal giudizio definitivo degli elettori sulla nuova Costituzione. È vero che negli ultimi tempi il presidente del Consiglio ha aperto a possibili modifiche dell’Italicum – scontando un’ostilità interna, ieri per esempio Roberto Giachetti ha detto che se si torna indietro è pronto a fare campagna per il No al referendum – ma una severa censura dei giudici delle leggi non sarebbe certo una buona presentazione per Renzi di fronte agli elettori del referendum.

Tutti i ragionamenti sul fatto che al presidente del Consiglio possa convenire un intervento della Consulta in questa fase, si basano sulla previsione che i giudici delle leggi correggeranno solo un aspetto marginale della legge, riportando la possibilità di apparentamento al secondo turno. E così spostando il premio dalla lista alle coalizioni, com’era nella prima versione del «patto del Nazareno». In pratica un aiuto contro la minacciata vittoria del M5S al ballottaggio. Il paradosso è che Renzi dovrebbe a questo punto essere grato a Besostri e agli altri avvocati che hanno portato l’Italicum in tribunale, contro i quali ha sempre schierato l’avvocatura dello stato sulla base della tesi che non essendoci state ancora le elezioni nessun diritto al voto libero dei cittadini può dirsi violato. Martedì prossimo, ultimo giorno utile in vista dell’udienza 4 ottobre, l’avvocatura dello stato depositerà la sua memoria in difesa dell’Italicum anche alla Consulta. E va notato che il governo Monti nel 2013 non lo aveva fatto, rinunciando a difendere il Porcellum (poi abbattuto dai giudici). Besostri depositerà la sua memoria contro l’Italicum lunedì e così faranno gli avvocati di Milano Bozzi, Tani e Zecca, ricostituendo il gruppo che vinse la battaglia legale contro la legge Calderoli. In teoria il giudici costituzionali – relatore Zanon – potrebbero comunicare la decisione già la sera del 4 ottobre. In pratica ci sarà da superare la tentazione del rinvio. Anche perché, sostiene chi punta a congelare l’Italicum in attesa del referendum, se la riforma sarà approvata tutta la legge elettorale (e non solo i singoli sospetti di incostituzionalità accolti dai tribunali ordinari) potrà essere portata davanti ai giudici costituzionali.

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