Italia unita sulla linea dura contro lo zar
Guerra in Ucraina Oggi Draghi in Parlamento: la Russia fermi le operazioni e si ritiri. I partiti unanimi sulle sanzioni
Guerra in Ucraina Oggi Draghi in Parlamento: la Russia fermi le operazioni e si ritiri. I partiti unanimi sulle sanzioni
Unanimità assoluta. Neppure un mezzo tono diverso distingue le solitamente rissose anime della maggioranza e la stessa opposizione di Giorgia Meloni. Condanna corale e indignata per l’aggressione russa, pieno e convinto sostegno alla linea del premier e dunque alle sanzioni «senza precedenti» appoggiate a spada tratta anche dall’Italia.
PER LITIGARE BISOGNA lavorare con il microscopio come fa il Pd con Salvini. Il leghista ex putiniano «condanna con fermezza ogni aggressione militare»? Il Pd, che convoca un sit-in di fronte all’ambasciata russa, non si accontenta: «Non è il momento di condanne generiche». Insomma bisogna andare giù con l’accetta, come fa Letta anche se con quella faccia da bravo ragazzo fa un po’ strano sentirlo invocare «un cordone intorno al collo dell’economia russa per strangolarla». Sorella Giorgia invece è inappuntabile: «Attacco inaccettabile. Ho scritto a Draghi per garantire massima collaborazione di FdI».
Renzi cerca di distinguersi: prima insiste perché «Ue e Nato parlino con una voce sola», come già fanno e la voce è quella di Stoltenberg, poi chiede che inviata speciale di Ue e Nato sia Angela Merkel. Almeno originale.
LA STESSA UNANIMITÀ si riproporrà stamattina, quando Draghi riferirà in Parlamento, prima alla Camera, poi in Senato. Nel breve dibattito a seguire i toni saranno quelli di ieri, anche se qualcuno sottolineerà con più forza la necessità di non chiudere ogni porta al dialogo. Posizioni più articolate si esprimeranno solo martedì, quando il premier sarà di nuovo in Parlamento per un dibattito che sarà molto meno fulmineo e si concluderà con il voto su risoluzioni, che non dovrebbe invece esserci oggi. L’auspicio è un testo comune votato da tutti, maggioranza e opposizione, ma non è affatto detto che ci si riesca.
LA LINEA CHE IL PREMIER illustrerà sia oggi che la settimana prossima in Parlamento sarà di massima rigidità. Proprio lui, fino al riconoscimento del Donbass da parte di Putin tanto deciso a perseguire ogni spiraglio di possibile dialogo da meritarsi i sospetti e le rampogne degli Usa, dice ora che «le azioni del governo russo rendono nei fatti impossibile il dialogo». Quindi pone condizioni che lui stesso, probabilmente, sa benissimo essere del tutto inaccettabili per Putin: «Ritirare le proprie forze militari al di fuori dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina in modo incondizionato».
Cioè anche dalle “repubbliche indipendenti” del Donbass e senza chiedere alcuna garanzia ufficiale sull’adesione dell’Ucraina alla Nato. NEl pomeriggio, alla riunione del G7, Draghi conferma il pieno allineamento dell’Italia alle sanzioni decise dalla Ue ma avverte che «la crisi potrebbe durare a lungo e dobbiamo essere preparati». Anche il Consiglio supremo di difesa, riunito ieri sera alla presenza del presidente Mattarella ma senza Draghi impegnato al G7, non si scosta dal tono generale. Ribadisce, in una nota del Quirinale, l’indispensabilità di muoversi «con unità, tempestività e determinazione». Ribadisce la partecipazione «convinta» alle «misure severe» che saranno imposte alla Russia.
IL PUNTO CRITICO È CHE, con quelle misure, la crisi rischia di mordere a fondo. Dalle sanzioni dovrebbe essere escluso l’acquisto di gas: quello dovrebbe restare libero dal momento che è di vitale importanza per l’occidente ma è difficile credere che lo zar, penalizzato pesantemente su tutti gli altri fronti, non si rivalga poi sul prezzo del gas, che, già alle stelle, si è impennato ieri ulteriormente. Ma non si tratta solo di gas. Le ricadute sull’agricoltura, già pesanti dopo le sanzioni comminate nel 2014, potrebbero incidere a fondo sui prezzi del consumo al dettaglio, anch’essi già stressati dagli aumenti del costo dell’energia.
L’Italia sarà con la Germania il paese più colpito dall’inevitabile effetto boomerang delle sanzioni, ma senza poter ricorrere come la Germania al carbone. Per questo, inevitabilmente, passata la ventata unanimista e bellica, si porranno due problemi enormi e potenzialmente laceranti per la maggioranza: chiedere ai paesi alleati prove concrete di solidarietà e prepararsi a varare misure di sostegno drastiche per le fasce di popolazione e i settori industriali più colpiti
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