C’era molta attesa per la prima sentenza di un tribunale del Lavoro dopo la conversione in legge del decreto del governo che puntava a bloccare le cause di reintegro tramite una «nota interpretativa che in coerenza con le decisioni della Commissione Europea, esclude che nel passaggio da Alitalia a Ita vi sia continuità fra le due aziende».

L’intento esplicito citato dal ministro Giorgetti (ancora proprietario al 100% sia di Alitalia che di Ita) era eliminare «la incertezza giurisprudenziale nei tribunale del Lavoro».

E invece la prima sentenza post decreto ha continuato a dare ragione ai lavoratori di Alitalia. Il giudice del tribunale del Lavoro di Milano Riccardo Atanasio ha riconosciuto alla assistente di volo di Alitalia Manuela Marino il diritto «alla prosecuzione del rapporto di lavoro con la società Ita dal 15 ottobre 2021 (data del decollo di Ita, ndr) ai sensi all’articolo 2112 del codice civile, in più «condanna Ita al pagamento in favore della ricorrente della retribuzione globale dal 15 ottobre 2021 nella misura mensile di euro 3.098,86 lordi» e «condanna altresì Ita a rimborsare le spese di lite in 9.000 euro».

Nelle sue trenta pagine il giudice ha sottolineato come «la procedura (commissariale, ndr) che – dopo avere puntato ad una ristrutturazione proseguendo l’attività produttiva per ben quattro anni e mezzo – improvvisamente converte la propria azione in una scelta di carattere liquidatorio con definitiva perdita dei diritti assicurati ai lavoratori» e come «l’amministrazione straordinaria ha ceduto l’intero ramo di azienda (che così deve essere qualificato) Aviation contro il pagamento di 1 euro», nonostante ne facessero parte slot (permessi di volo) milionari come svelato da il manifesto ad aprile pubblicando il contenuto del «contratto» fino a quel tempo tenuto segreto da governo e azienda.

E ancora: «La società convenuta (ita, ndr) non ha dedotto nulla che potesse dare conto del vantaggio economico per l’impresa cedente (Alitalia, ndr), per i creditori o al tempo stesso per i lavoratori non trasferiti alla società Ita». E infine: «La probabile eccezione è che si tratta di scelte di carattere economico, valutate con assoluta discrezionalità dai Commissari straordinari e dai ministri che, di concerto tra loro, hanno proceduto alla nomina dei primi e alla costituzione della società Ita».

«Questo pronunciamento – commenta l’avvocato Pierluigi Panici, legale della lavoratrice come di buona parte degli oltre 250 ex Alitalia già reintegrati – è uno schiaffo all’illegalità. In modo esplicito nei confronti degli organi pubblici (governo, ministero e commissari straordinari) e in modo implicito ai giudici del tribunale fallimentare e ai sindacati confederali che hanno avallato tale operazioni così danneggiando non solo i creditori e i contribuenti ma soprattutto i diritti dei lavoratori». Per Panici il decreto del governo nella sentenza «viene ignorato proprio perché la normativa del ’99 su cui è intervenuta l’iniziativa legislativa del governo non è in alcun modo applicabile alla vicenda processuale perché il giudice esclude ci sia una procedura liquidatoria in quanto c’è stata continuità aziendale per 4 anni e mezzo. Poiché quella normativa si riferiva a un aspetto della natura liquidatoria, è inutile e difatti finora nessun giudice lo ha preso in considerazione», conclude Panici.

A giorni arriveranno altri giudizi a Roma e a metà febbraio i primi giudizi di appello. È probabile che questa sentenza detti la giurisprudenza.