Un decreto legge – dunque con i requisiti di «caso straordinario di necessità e urgenza» – per dettare la linea ai giudici del lavoro. Con un intervento senza precedenti, il consiglio dei ministri di martedì ha emanato una «nota interpretativa che in coerenza con le decisioni della Commissione Europea, esclude che nel passaggio da Alitalia a Ita vi sia continuità fra le due aziende» per la incertezza giurisprudenziale nei tribunale del Lavoro.

Se la il provvedimento è totalmente inedito, la sua ratio è un grottesco tentativo di mettere una toppa a un buco enorme e impossibile da coprire. Da quando è stato svelato – dal manifesto ad aprile – il «contratto segreto» con cui Ita ha comprato il ramo Aviation di Alitalia per un solo euro nonostante ne facessero parte slot (permessi di volo) milionari che dimostra la totale continuità aziendale fra le due compagnie – Ita decollo il giorno dopo con il 99% degli aerei e dei dipendenti – tutti i giudici che hanno ammesso agli atti delle cause di lavoro il documento prima nascosto dal governo e dalla commissione Europea (che hanno negato l’accesso agli atti a sindacati e perfino a parlamentari italiani) hanno accertato la continuità fra le due aziende e – ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile – reintegrato i lavoratori di Alitalia alle stesse condizioni precedenti per «cessione di ramo d’azienda». E presto arriveranno altri due giudizi a Milano l’8 novembre e a Roma a metà febbraio, con altre centinaia di reintegri assai probabili.

«È un intervento abnorme, inammissibile costituzionalmente e per le norme dei trattati Ue – commenta l’avvocato Pierluigi Panici, vincitore di due delle tre cause del lavoro che hanno reintegrato oltre 250 addetti ex Alitalia negli ultimi mesi – . Non vi è nessuna “norma da interpretare” ma unicamente «fatti» il cui accertamento spetta unicamente ai giudici come previsto dalla Costituzione. La Commissione Ue non è un organo giurisdizionale, non le competono questioni di diritto del lavoro. Lo stato italiano controlla le due società: è “parte sostanziale” nelle controversie e non può interferire con norme aventi forza di legge, imponendo ai giudici la soluzione a essa favorevole. Se la “interpretazione” del governo è “autentica” dovrebbero essere indagati per bancarotta fraudolenta i giudici fallimentari di Civitavecchia, i Commissari di Alitalia, i vertici di Ita e del ministero: avrebbero autorizzato la cessione di beni al prezzo di 1 euro (non è certo «prezzo di mercato», come imposto dall’Ue) invece che di centinaia di milioni (lo stesso ramo nel 2014 fu venduto per 900 milioni). Il danno per tutti i creditori di Alitalia, tra cui lo stato, i lavoratori, fornitori, è enorme», conclude Panici.

«Un atto grave che sancisce come il governo Meloni si sia messo al servizio di un’operazione pessima dal punto di vista industriale e legale», commenta l’Usb, mentre la Cub la definisce «un vergognoso tentativo di vanificare i ricorsi dei lavoratori, un atto di imperio grave che però non servirà a imbavagliare i tribunali». Silenzio invece dai confederali.

Va poi smentita definitivamente la vulgata – alimentata dai media mainstream – che vuole il provvedimento necessario per evitare il recesso di Lufthansa dall’ingresso in Ita. I tedeschi, che hanno avvocati migliori di Ita, hanno già previsto migliaia di reintegri tanto da prevedere espressamente nell’accordo con il governo uno «sconto» rispetto all’aumento di capitale previsto: invece dei 325 milioni annunciati sono già scesi sotto quota 250: a perdere soldi sarà il governo Meloni, ma i tedeschi comanderanno lo stesso.

Lo stesso governo Meloni, per tramite del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, ieri ha lanciato con le regioni Lazio e Lombardia un progetto di ricollocazione per i cassintegrati Alitalia. Ma, letto la «norma interpretativa» così grottesca, ai lavoratori conviene più fare causa.