Il muro di Ita è crollato. Altri 174 lavoratrici e lavoratori ex Alitalia reintegrati in Ita dal giudice del lavoro. Da quando è stato svelato il contratto segreto Alitalia-Ita – anticipato dal manifesto lo scorso aprile – nei tribunali del Lavoro le sentenze hanno cambiato di segno: la compagnia nata dalle ceneri di Alitalia è sempre stata sconfitta.

Ieri è arrivata la terza sentenza che porta a 252 il numero di addetti Alitalia a cui è stato riconosciuto il diritto a essere assunti da Ita.

DOPO LA PRIMA A GIUGNO a Roma con 77 lavoratrici e lavoratori, la seconda a Milano con una lavoratrice la scorsa settimana, ieri è arrivata la terza di nuovo a Roma con un terzo giudice che ha tenuto conto del «contratto segreto» e ha confermato la cessione di ramo d’azienda fra Alitalia e Ita e la continuità aziendale che comporta, ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile, il mantenimento del posto di lavoro.

NELLE OTTO PAGINE di dispositivo – tanto lungo per l’alto numero dei ricorrenti tra cui 35 fra piloti e comandanti – il giudice Paolo Mormile, a differenza delle due sentenze precedenti, ha deciso «in parziale accoglimento dei ricorsi» di far scattare l’assunzione da oggi (tramite richiesta dei lavoratori) e non dal 14 ottobre 2021, data del decollo di Ita con il 99% di aerei e dipendenti di Alitalia. I lavoratori però «conservano il medesimo inquadramento economico-normativo posseduto ex ante»: stipendi e diritti molto migliori rispetto a quelli applicati alla «start up» Ita.

ITA AIRWAYS, CONTATTATA dal manifesto, non commenta l’esito, in attesa delle motivazioni.

I lavoratori non erano sindacalizzati ed erano difesi dagli avvocati Antonino Galletti, Massimiliano Bezzi e Gianluca Caputo. Si tratta della prima sentenza che non riguarda l’avvocato Pierluigi Panici, vero spauracchio di Ita per essere riuscito a far valutare dai giudici il «contratto segreto»: «Siamo davanti al suicidio per via giudiziaria di Ita. Tre sentenze di giudici e tribunali diversi. E il governo e le forze politiche e sociali che fanno per salvare, ristrutturando e cedendo quote di una grande azienda pubblica ritenuta strategica? Stanno per ora a guardare. I circa 260 lavoratori possono costare zero, se correttamente inseriti in Ita e collocati in cassa integrazione straordinaria in attesa di essere richiamati al lavoro con lo sviluppo del piano industriale. Invece i primi 80 debbono avere due anni di retribuzioni arretrate con i contributi relativi (costo medio aziendale 5 mila mensili). E la Procura della corte dei conti a fronte di un così rilevante danno erariale si muoverà? E altre centinaia di lavoratori aspettano sentenze di appello e altre migliaia, circa 2.500, si accingono a fare causa, con giudizi che dureranno anni, fino in cassazione», si chiede polemicamente Panici.

A SPINGERE PER UN ACCORDO iniziano a farsi sentire anche esponenti della maggioranza. Due giorni fa è arrivato il forzista Flavio Tosi: «Preoccupano i tantissimi contenziosi che gravano su Ita–Alitalia perché la verità è che non sono mai state due cose diverse. Ita è di fatto in continuità con Alitalia, gli ex dipendenti fanno e vincono le cause di lavoro una dietro l’altra perché viene riconosciuta la continuità con tutto quello che ne consegue. Finché come governo e come maggioranza non risolveremo questa cosa, aldilà della lentezza dell’Ue, Lufthansa pretende che venga chiusa la partita perché vale decine di milioni».

Nonostante false ricostruzioni, i tedeschi si sono già cautelati: ogni reintegro porta ad uno sconto sul computo dell’aumento di capitale che Lufthansa farà per comandare con il solo 41% di Ita. I 325 milioni annunciati sono già scesi sotto quota 300. A pagare sarà il governo Meloni.