Israele verso il Libano. Intanto massacra Gaza
Invado avanti Sempre più probabile l'offensiva israeliana a nord, Netanyahu: «Pronti ad attaccare». Ma l’esercito di Hebzollah non è la guerriglia di Hamas. 78 palestinesi uccisi tra Bureij, Deir al Balah e Gaza City. Fuoco alle scorte mediche
Invado avanti Sempre più probabile l'offensiva israeliana a nord, Netanyahu: «Pronti ad attaccare». Ma l’esercito di Hebzollah non è la guerriglia di Hamas. 78 palestinesi uccisi tra Bureij, Deir al Balah e Gaza City. Fuoco alle scorte mediche
L’apertura del fronte libanese è a un passo. Con Gaza all’inferno, pare risuonare una sorta di conto alla rovescia, come se «l’offensiva ampia» promessa dal governo israeliano contro il sud del Libano sia solo questione di tempo.
Due giorni fa lo ha detto il capo di stato maggiore Halevi, in visita nel nord di Israele («Pronti ad attaccare») e ieri lo ha detto lo stesso primo ministro Netanyahu, anche lui in tour lungo il confine settentrionale: «Siamo pronti a una azione molto forte a nord. In un modo o nell’altro riporteremo la sicurezza», ha riportato la Reuters citando il premier. Poche ore dopo un drone – rivendicato dal movimento sciita libanese Hebzollah – feriva 11 persone nella cittadina di Hurfiesh. Le sirene non hanno suonato.
SOTTO LA PALESE pressione statunitense perché giunga a un accordo con Hamas a Gaza, sotto quella dell’ultradestra di coalizione che vede nella guerra totale l’unico modo di portare avanti i propri obiettivi ideologici di espansione territoriale (pure il sud del Libano, non solo la Cisgiordania); stretto tra le famiglie degli ostaggi che chiedono lo scambio di prigionieri e i sondaggi che invece danno la maggior parte dell’opinione pubblica pronta ad allargare il conflitto a nord, Netanyahu pare guidato dalla più totale irrazionalità.
Dall’altra parte, però, non c’è Hamas. C’è Hezbollah, un movimento politico che è anche, di fatto, un esercito e che potrebbe trascinare il conflitto verso scenari ingestibili. A Gaza, per Israele, la «guerra» è facile. Hamas si è fatta guerriglia, come gli altri gruppi palestinesi, il resto è un’offensiva contro la popolazione civile. Che da Rafah, nelle ultime settimane, è risalita di nuovo verso il centro e il nord, lasciando dietro di sé altra morte e altra distruzione. Nel mirino ci sono i campi profughi – Jabaliya, Nuseirat, Bureij – e ci sono le città, Gaza City e Deir al Balah.
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Nel mirino ci sono i campi profughi. Onu: «Rischio genocidio»Nelle ultime 24 ore sono almeno 78 gli uccisi (36.586 il bilancio ufficiale dal 7 ottobre, a cui si aggiungono migliaia di dispersi e oltre 500 in Cisgiordania), per lo più nella notte tra martedì e mercoledì. «La maggior parte sono donne, bambini e anziani – racconta il giornalista Hani Mahmoud dall’ospedale Martiri di al Aqsa di Deir al Balah – L’obitorio è pieno di corpi. L’esercito israeliano continua a colpire nella zona centrale con le truppe di terra che si spingono in profondità nel campo di Bureij. (…) Deir al Balah è diventata incredibilmente affollata, non c’è spazio, né infrastrutture».
«IL SUONO dei bombardamenti non ha smesso mai per tutta la notte – racconta da Deir al Balah una 30enne sfollata, Aya, alla Reuters – Ogni volta che parlano di nuovi negoziati, l’occupazione usa una città o un campo profughi come carta per fare pressione. Perché i civili devono pagare il prezzo? Perché gli arabi e il mondo non mettono fine alla guerra?». Israele giustifica le operazioni in corso al centro e al nord di Gaza con la presenza di cellule di Hamas e afferma di aver colpito centri militari e depositi di armi. Gli uccisi, dice l’esercito, sono miliziani di Hamas.
Diversa la versione della Mezzaluna rossa palestinese che ieri dava notizia dei corpi di civili recuperati dentro le case colpite e in video mostrava i propri soccorritori provare a recuperare medicinali ed equipaggiamento medico da un piccolo magazzino a Jabaliya, devastato e bruciato al passaggio delle truppe israeliane nell’ultimo assedio lungo venti giorni.
The volunteers of the Palestinian Red Crescent Society (PRCS) are cleaning the PRCS medical point in Jabalia, central #Gaza after it was burned by the Israeli occupation, which destroyed medical supplies.
📷Filmed by PRCS volunteer: Yousef Khader pic.twitter.com/lXPZk86Qq9— PRCS (@PalestineRCS) June 5, 2024
Dei motivi per cui le nuove offensive prendano di mira le zone centrali e settentrionali (da cui l’esercito israeliano si era ritirato per concentrarsi verso sud) ne discutono gli analisti. Riprendono perché Hamas si è riorganizzato ed è di nuovo operativo ma anche, spiegava ieri Omar Ashour, docente del Doha Institute for Graduate Studies, per puntellare la spaccatura di Gaza in due parti, con un nuovo «punto strategico» che permetta un controllo futuro stabile sulla Striscia, all’altezza di Bureij, dove ieri l’aviazione israeliana ha colpito una scuola.
E mentre il governo israeliano, ieri, ha alzato di nuovo l’asticella di 50mila unità, portando a 350mila i riservisti che l’esercito può convocare (in vista dell’operazione contro il Libano?), di fronte alla Corte suprema del paese l’esecutivo ha annunciato l’intenzione di chiudere il famigerato centro di detenzione di Sde Teiman, dove sono detenuti migliaia di palestinesi di Gaza in condizioni orribili, senza cure mediche, torturati, bendati e incatenati, come denunciato dagli ex prigionieri e da medici israeliani di stanza nel carcere. Settecento detenuti saranno spostati a Ofer, nella Cisgiordania occupata, altre 500 seguiranno. Circa 200 resteranno al momento a Sde Teiman.
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