Per molti israeliani, l’unica “arma” per fare fronte a quello che sta accadendo rimane l’attivismo e, nonostante il divieto di assembramenti e la repressione del dissenso politico da parte delle forze dell’ordine, le dimostrazioni stanno riprendendo piede in tutto il paese. A migliaia questo sabato sera sono scesi nelle strade di Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, Cesarea, Beer Sheva, Eilat e altre località israeliane. Tra cui davanti alla casa di Benyamin Netanyahu, dove la polizia ha respinto i manifestanti che sventolavano la bandiera di Israele al canto di «In prigione ora», riferendosi al primo ministro e alla sua incapacità di prevenire l’attacco del sette ottobre.
In particolare si manifesta in sostegno delle famiglie degli ostaggi che da ora in avanti si preparano anche a pernottare all’aperto fuori dal quartier generale dell’esercito a Tel Aviv in segno di protesta.

Tra i sostenitori più assidui delle famiglie vi è anche il gruppo della cosiddetta “Sinistra di fede” un interessante movimento trasversale che ha fatto la comparsa all’inizio dell’anno e che promuove l’uguaglianza e la fine dell’occupazione partendo da una prospettiva ebraico religiosa. Quello della liberazione degli ostaggi è del resto un precetto fondamentale dell’ebraismo sul quale si sono pronunciati importanti rabbini a partire dalla fondazione dello stato. Uno di questi è stato il grande rabbino sefardita Ovadia Yossef (1920-2013) che ha sottolineato la necessità di prediligere il pericolo imminente della sorte degli ostaggi ad uno futuro di un possibile attacco nemico.

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Anche il “Collettivo mizrahi democratico”, che si identifica negli ebrei provenienti dai paesi arabi, rivendica a gran voce il riscatto degli ostaggi come espressione di un’etica imprescindibile. Benché sia impossibile in questa sede dar conto delle tante voci che si levano all’interno del paese persino in questi giorni drammatici è fondamentale ricordare che quella israeliana rimane una società pluralista e che, nonostante sia benvenuto e forse necessario un intervento esterno, non è escluso che spetti proprio alla tradizione ebraica di cogliere la sfida della svolta che tutti attendiamo.